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Un mare in salute è la chiave per l’economia blu

Di Karmenu Vella

Entro il 2030, l’economia blu è destinata a crescere a un ritmo doppio rispetto a quella mainstream. Per l’Europa, ciò significa 10,8 milioni di posti di lavoro e un fatturato di quasi 1 trilione di euro. Renderla sostenibile è una delle mie priorità come Commissario europeo. L’oceano ha il potenziale per diventare un vero e proprio motore economico, sia attraverso la pesca e l’acqua- coltura, sia grazie al turismo, ai trasporti, all’energia oceanica o alla biotecnologia blu. Il nostro compito è quello di creare il contesto adatto per rendere ciò possibile.

Un’Economia blu sostenibile comincia a partire da un oceano in salute. Ecco perché l’Ue sta affrontando l’inquinamento marino attraverso una strategia rivoluzionaria per le materie plastiche,  fissando degli obiettivi di reimpiego e riciclaggio più ambiziosi, migliorando le strutture portuali e lavorando con le compagnie private per creare un’economia veramente circolare. È anche per questo che l’Ue è all’avanguardia nella promozione della governance degli oceani. Combattere lo sfruttamento insostenibile delle risorse marine e la pesca illegale insieme ai nostri partner internazionali è essenziale. Infatti, sebbene il nostro oceano abbia senz’altro dei confini, esso è privo di frontiere fisiche. Abbiamo quindi bisogno di una cooperazione molto forte e di coordinazione tra tutti gli attori a livello globale. Infine, proteggere il nostro ambiente marino significa affrontare il cambiamento climatico, il cui impatto spazia dallo scioglimento dei ghiacci nell’Artico e l’acidificazione degli oceani ai cambiamenti della produttività e della distribuzione del pescato. Nonostante la loro importanza, gli oceani rimangono in larga parte territorio sconosciuto. Con solo il 5% attualmente mappato, il fondale oceanico è meno conosciuto della superficie lunare. Lo stesso vale per l’Economia blu: scoprire il potenziale non utilizzato dell’oceano significa immergersi nell’ignoto.

Fortunatamente, l’Ue può contare su numerosi imprenditori, spesso giovani, che hanno voglia di assumersidei rischi. Ogni giorno sento di nuove e promettenti start up con idee creative per dare valore all’oceano e per proteggerlo. Tuttavia, troppo spesso queste aziende innovative fanno fatica a trovare investitori che siano disposti ad accollarsi il rischio associato ai settori economici emergenti. Gli investimenti sono la chiave per un’E- conomia blu sostenibile. La Commissione europea sta lavorando per stabilire una “piattaforma di investimenti blu-verdi” per canalizzare risorse pubbliche e private verso dei progetti marittimi che siano in grado di garantire sia profitti economici sia guadagni in termini ambientali, ma che sono in genere troppo piccoli o troppo rischiosi per fare affidamento solamente sui mercati finanziari. Stiamo anche organizzando il primo evento appositamente ideato per far incontrare gli imprenditori dell’Economia blu e gli investitori, chiamato Blue invest.

L’Ue sta quindi impegnandosi per trovare nuovi modi di far crescere la nostra eco- nomia, andando oltre la mera costruzione di un ambiente regolatorio favorevole o l’erogazione di finanziamenti Ue. Solo nello scorso anno, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Emff) ha lanciato una nuova iniziativa di investimenti da 14,5 milioni di euro per aiutare le Pmi a testare nuovi prodotti e nuovi servizi nei settori dell’Economia blu. Insieme al WWF, la Prince of Wales’s international sustainability unit e la Banca europea per gli investimenti, la Commissione a marzo ha lanciato i princìpi per l’economia, l’economia sostenibile e la finanza blu. Questi princìpi forniscono un quadro per assicurare il benessere di lungo termine dell’oceano. Abbiamo rivolto un appello alla comunità degli investitori perché adottino questi princìpi e aiutino a modi care il modo in cui l’umanità gestisce le risorse marine.

Quanto detto dovrebbe aver chiarito che ritengo l’economia e l’ambiente due facce della stessa medaglia. Specialmente nell’ambiente di oggi, con risorse naturali sempre più scarse. Attraverso la politica comune della pesca, stiamo mettendo ne al sovrasfruttamento delle risorse ittiche e stiamo assicurando la redditività di lungo termine della pesca. Gli sviluppi più recenti mostrano che siamo sulla strada giusta.

In meno di una decade, siamo passati da 5 a non meno di 53 stock ittici che stiamo pescando a livelli sostenibili nell’est Atlantico, nel Mare del Nord e nel Baltico. I pescatori stanno raccogliendo i frutti: le attività ittiche sono diventate uno dei settori economici più in crescita dell’Ue. Questo trend positivo ha generato salari più alti per molti pescatori e un maggiore valore aggiunto per le comunità costiere e di pescatori. Ci aspettiamo che questo trend continui per tutto il 2018. Spero anche che i bacini marini che hanno oggi meno successo, come ad esempio il mio amato Mediterraneo, o il Mar Nero, siano presto capaci di unirsi a questo trend positivo per diventare a loro volta un faro per la crescita verde e blu.



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