Dalla strada alla premiership? Nikol Pashinyan, capopopolo delle proteste di piazza in Armenia, è stato nominato dal partito Yelq (Via d’uscita) candidato primo ministro, ora manca il via libera del Blocco Tsarukyan, altro schieramento all’opposizione. Sono giorni caldi nel Paese, tra elezioni e folle di manifestanti che si sono riversate in strada anche ieri sera. Quante chanches ha il leader delle proteste Pashinyan di fare il premier?
Ieri intanto altra tensione con i sostenitori di Pashinian che hanno bloccato le strade della capitale Yerevan, a poche ore da un voto chiave. Domani infatti il Parlamento voterà il premier dopo le dimissioni di Serž Sargsyan che governava il Paese da 10 anni: costretto a lasciare dai moti di piazza.
PROTESTE
Da giorni si moltiplicano le proteste di piazza. Lo scorso 25 aprile la polizia armena proprio al fine di tentare di controllarle si era riversata nel centro di Yerevan dopo che centinaia di manifestanti avevano risposto all’ennesimo appello del leader di Elk, Nikol Pashinyan. Due giorni prima decine di migliaia di persone si erano date appuntamento a piazza della Repubblica per festeggiare le dimissioni del premier Serzh Sargsyan. In precedenza (il 17 aprile) l’ex presidente era stato eletto primo ministro, ottenendo la carica malgrado le fortissime proteste di piazza che avevano come obiettivo proprio quello di impedire la sua ascesa al nuovo governo per il decimo anno consecutivo.
SCENARI
Ma è già domani, perché lo stesso Pashinyan chiede addirittura elezioni anticipate di cui l’Armenia ha bisogno e “i cui risultati non causeranno alcun dubbio”. E traccia il perimetro del futuro governo: al primo posto non c’è più il ritiro dell’Armenia dall’Unione economica eurasiatica (Uee) “non sarà un tema all’ordine del giorno in caso di elezione”.
Il Paese è sotto osservazione di molti analisti anche per i rapporti disordinati con Baku e le relative implicazioni geopolitiche legate al Tap che riflette in sostanza lo scacchiere di influenza: l’Armenia è nell’orbita del Cremlino, ospita due basi militari russe e, nonostante il cambio di potere, mantiene un cordone ombelicale con Mosca.
PASHINYAN VS TSARUKIAN
Giornalista, editore, politico e anche clandestino. Il 43enne possibile premier è stato redattore del quotidiano liberal-americano più venduto in Armenia, The Armenian Times, sempre su posizioni ostili ai governi di Robert Kocharyan e Serzh Sargsyan. Nel 2008 si è schierato dalla parte di Levon Ter-Petrosyan nelle elezioni presidenziali per poi sparire dalla scena dopo i disordini che seguirono le urne, per questo fu ricercato anche dalla polizia armena con le accuse di omicidio e disordini di massa. Un anno dopo si consegnò ma venne amnistiato dopo due anni di carcere.
Nel suo “curricuculm” anche un tentativo di omicicio: nel 2004 il suo veicolo esplose dinanzi alla sede del sul giornale ma le autorità parlarono di un guasto all’impianto elettrico e non di altro.
Pashinyan però puntò subito il dito contro Gagik Tsarukian oligarca e fondatore del partito Armenia prosperosa, uomo chiave dell’ex presidente armeno Robert Kocharyan. Si tratta di un imprenditore dalle mani d’oro come dimostra la sua carriera: prima direttore esecutivo della compagnia “Armenia” e nel 1992 a capo di un’impresa di produzione casearia.
Da lì inizia la scalata: due anni dopo fonda Multi Group Concern che ora include una serie di società come Kotayk Brewery in ABovyan, Yerevan Chemical Pharmaceutical Company, “Mek” Network of Furniture Stores, Yerevan Ararat Brandy-Wine -Vodka Factory, Fabbrica di cemento “Ararat”, “Aviaservice” JSC, “Multi Stone” Processing Company, “Multi Rest House”, “Global Motors” CJSC, “Multi City House”.
Nel 2006 ha ceduto il 29% della Kotayk Brewery al magnate della birra francese Castel Group per circa 4 milioni di dollari.