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Il caso Telegram e l’assalto della Russia alla libertà su internet. La denuncia di Human Rights Watch

Gli sforzi delle autorità russe per controllare le comunicazioni online invadono la privacy e la sicurezza degli utenti e violerebbero gli obblighi legali internazionali di Mosca. L’allarme giunge da Human Rights Watch, celebre organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, che – in concomitanza con la grossa manifestazione che ieri ha portato per le strade della capitale russa diverse migliaia di persone per protestare contro il blocco di Telegram – denuncia quanto sta accadendo nel Paese guidato dal presidente Vladimir Putin.

CHE COSA ACCADE

A scatenare le proteste è stato lo stop all’app di messaggistica crittografata, popolarissima in Russia ma diffusa anche in Occidente, disposto dal Roskomnadzor, che controlla le comunicazioni nella Federazione. Secondo l’autorità, il ceo della compagnia, Pavel Durov, si sarebbe più volte rifiutato di cedere le chiavi di accesso ai servizi segreti russi, per questioni di riservatezza degli utenti (anche se alcuni media ritengono che dietro l’opposizione delle autorità ci sia un suo progetto di criptovaluta). E, così, l’organo si è scagliato contro la chat, ma anche contro Vpn e anonymizer, bloccando milioni di pagine su Google che permettono ancora oggi a Telegram di funzionare.

LA MANIFESTAZIONE A MOSCA

Il braccio di ferro ha portato migliaia di cittadini in piazza, per manifestare in modo pacifico e senza incidenti il proprio dissenso contro il progressivo rafforzamento della sorveglianza su internet. Come sempre, in questi casi, non c’è accordo sul numero dei partecipanti. Secondo le stime degli osservatori indipendenti, i manifestanti sono stati oltre 12mila, ma solo 7mila e 500 stando ai dati del ministero degli Interni. L’evento, tuttavia, ha una forte carica simbolica.

LA RESISTENZA DIGITALE CRESCE

I partecipanti alla manifestazione hanno condiviso – spiega il DRFLab del think Atlantic Council che ha monitorato l’avvenimento pubblicando foto e reazioni – il significativo hashtag #digitalresistance. Si è trattato perlopiù di giovani e adolescenti, arrivati sulla prospettiva Sakharov armati di aeroplani di carta, il simbolo sul logo di Telegram. Hanno chiesto l’immediato sblocco di Telegram e di tutti gli indirizzi IP di recente inseriti nella ‘lista nera’ del Roskomnadzor, la cancellazione delle leggi antiterrorismo e di tutte le regolamentazioni anti internet, la chiusura dello stesso organo di controllo e un processo al suo capo, Aleksandr Zharov. Perché, secondo – il Partito Liberatorio russo, che ha organizzato la manifestazione e che è molto concentrato sul tema della libertà della Rete, il bando dell’app “viola la Costituzione russa e i diritti umani fondamentali” e non serve rendere più sicura la nazione. In piazza anche l’oppositore del Cremlino Alexey Navalny che si è rivolto alla folla dicendo: “Siete pronti a resistere?”.

LA DENUNCIA DI HRW

Ma la protesta dei cittadini russi non è stata isolata. A dare loro man forte sono arrivate le dichiarazioni di Human Rights Watch, che con una nota ha definito il blocco di Telegram “ingiustificato”, sostenendo che abbia “aggravato il diffuso assalto del governo alla privacy e alla libertà di espressione online”. Nel comunicato, si afferma che “venti gruppi indipendenti per i diritti umani, tra cui HRW, condannano con una dichiarazione congiunta le azioni delle autorità russe.
“La Russia”, sottolineano, “dovrebbe smettere di bloccare Telegram e le compagnie internet dovrebbero resistere a qualsiasi ordine delle autorità russe di facilitare l’azione”. Inoltre, denunciando quella che ritengono una “violazione degli obblighi legali internazionali” della Russia, le Ong chiedono “l’azione di “Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e altre organizzazioni intergovernative” perché “contestino pubblicamente le azioni” di Mosca.


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