Se non fosse per la posta in gioco, le opposte interpretazioni della più recente sentenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) nella battaglia sui sussidi concessi ad Airbus potrebbero essere paragonate alle discussioni tra tifosi dopo un derby. Per Boeing “la Wto stabilisce che l’Unione europea non ha rispettato le sentenze sui massicci sussidi europei ad Airbus. Gli Stati Uniti autorizzati a chiedere dazi per rappresaglia sulle importazioni dall’Europa”. Per Airbus, “la Wto conferma: niente sussidi proibiti ad Airbus, bisogna intervenire su aspetti minori dei sussidi aggredibili”.
Dalle oltre 340 pagine di motivazioni pubblicate il 15 maggio, emerge che gli Stati Uniti hanno vinto sui principi. Una vittoria di Pirro, però, perché l’applicazione è talmente ristretta da salvare Airbus. Come si direbbe a Napoli, “Chi ha avuto, ha avuto”. La sentenza dietro la comunicazione urlata non doveva stabilire se l’Europa (perché al Wto gli attori sono i Paesi, non le aziende) avesse concesso a Airbus aiuti di Stato, ma solo se avesse o meno rispettato gli obblighi di riparazione impostile nel caso DS316.
Il caso era stato aperto nel 2004, quando gli Stati Uniti (cioè Boeing) avevano denunciato l’Europa (ma in realtà Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) per gli aiuti e i finanziamenti al lancio degli Airbus A300B/B2/B4/600, A310, A320 e A330/A340. Dopo aver vinto in appello nel 2011, gli Usa avevano trovato inadeguate le misure correttive proposte dall’Europa e per buona misura aveva contestato anche il ricorso agli aiuti concessi per lo sviluppo degli A350XWB e A380. Nel 2016 il Compliance Board del Wto aveva dato ragione agli americani, provocando l’appello europeo. La decisione definitiva (che porta la data dell’8 ma è stata pubblicata solo una settimana dopo) chiude definitivamente il caso.
La nuova analisi legale e commerciale (piena di omissis sulle cifre dichiarate Business confidential information, cioè notizie commerciali riservate) conferma gran parte del lavoro dei precedenti pannelli arbitrali, ma differisce radicalmente dalle loro conclusioni. Di fatto, il pannello Wto ha confermato l’esistenza degli aiuti, ma ha anche stabilito che solo una piccola parte dovrà essere ripagata.
I tre arbitri – un messicano, un indiano e un belga – hanno respinto le argomentazioni tecniche Ue sulla metodologia dei tassi d’interesse, sui parametri di confronto, sul rischio, sull’applicabilità dell’analisi dell’A350 XWB all’A380, sulla non sostituibilità (cioè equivalenza) tra i prodotti Airbus e Boeing, e così via. Gli arbitri hanno aggiunto che l’eventuale dimostrazione di sussidi percepiti da Boeing (oggetto di un caso separato, noto come DS353) non è sufficiente a chiudere la discussione su quelli Airbus, e confermato che l’analisi del comportamento Airbus “post-implementazione” (ovvero dopo la decisione d’appello del 2011) debba necessariamente prendere in esame anche i A350 e A380.
La decisione conferma anche che, senza gli aiuti, la difficile posizione finanziaria del costruttore europeo avrebbe reso difficile lo sviluppo e il lancio dei VLA in tempi brevi. Di qui alla conferma del danno arrecato alle vendite Boeing nei tre segmenti degli aerei single aisle (a corridoio singolo, i cosiddetti narrow-body), twin-aisle (a corridoio doppio, wide-body) e i Very Large Aircraft (i giganti 747 e A380) il passo è breve.
Da queste premesse, che sostanzialmente ricalcano la posizione Boeing, gli arbitri hanno però tratto conclusioni per molti versi sorprendenti, accettando la posizione europea sul fatto che gli aiuti expired (alla lettera “scaduti”) prima del 1° giugno 2011 hanno cessato di produrre effetti e non possono quindi essere rimborsati. Secondo Airbus, questa definizione coprirebbe il 94% di quelle contestate, che in passato Boeing aveva valutato in circa 10 miliardi di dollari. Allo stesso modo, il pannello ricorre a sottili distinguo per concludere che in molti casi il danno causato dai sussidi europei ad Airbus non si è trasformato in mancate vendite per Boeing.
Le eccezioni sono rappresentate dall’A350 XWB (punto 6.37a) e dall’A380 (6.42a), ed è a queste che si riferiscono le ultime righe del documento nello stabilire che l’Europa vi metta riparo. È a questo che si collega la minaccia americana di dazi alle importazioni (non necessariamente aeronautiche), tanto care all’amministrazione Trump e alle quali Airbus ribatte da sempre proponendo un accordo tra governi per superare la guerra legale. Le prossime battaglie, già annunciate, saranno sui casi DS353 (nel quale Airbus ha vinto “ai punti” sugli aiuti a Boeing) e DS487 (sugli aiuti dello stato di Washington a Boeing, che ha vinto in primo grado un anno e mezzo fa).