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Il gigante Google tra privacy e concorrenza

Alma Whitten, “Director of privacy” di Google dal 2010, titolare delle politiche per la riservatezza dei dati della multinazionale, si è dimessa ieri dall’incarico poco dopo la nuova invettiva di Bruxelles sul fronte privacy. Una coincidenza? Google negli ultimi anni è finito più volte al centro di scontri legali legati al delicato tema della privacy e occuparsi della tutela dei dati personali presso gli uffici di Mountain View dev’essere stato per lei un compito arduo. A complicare le cose ci mise tempo fa del suo anche il diretto concorrente Microsoft: “Pensi che Google rispetti la tua privacy? Ripensaci”, fu lo slogan di una campagna pubblicitaria con cui Microsoft mirava dritto al punto invitando i consumatori ad abbandonare Gmail in favore di Outlook e attaccando il suo concorrente su uno dei suoi più grandi punti deboli: la privacy.
Le motivazioni che hanno portato alle dimissioni non sono state rese note, ma quello che si sa è che a partire dal mese di giugno Whitten verrà sostituita dall’ingegnere informatico Lawrence You. Nella dichiarazione rilasciata da un portavoce di Google sulle pagine di Forbes  si leggono solo parole di apprezzamento da parte dell’azienda per il lavoro svolto in dieci anni di servizio presso gli uffici londinesi della società: “Durante i suoi dieci anni in Google, Alma ha fatto moltissimo per migliorare i nostri prodotti e il modo in cui proteggiamo gli utenti. Il team impegnato su privacy e sicurezza, così come tutti gli altri membri di Google, continuerà a lavorare duramente per assicurare il massimo grado possibile di sicurezza per quanto riguarda i dati dell’utenza”.

L’istruttoria del Garante italiano
Ieri il Garante per la privacy italiano ha aperto un’istruttoria nei confronti di Google Inc. per verificare il rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali e, in particolare, “la conformità dei trattamenti effettuati dalla società di Mountain View ai principi di pertinenza, necessità e non eccedenza dei dati trattati nonché agli obblighi riguardanti l’informativa agli utenti e l’acquisizione del loro consenso”.

L’azione coordinata delle Autorità europee
L’iniziativa è stata assunta nell’ambito di un’azione congiunta intrapresa dalla task force, appositamente costituita, composta dalle Autorità per la protezione dei dati di Francia, Italia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Spagna. Tra il marzo e l’ottobre 2012 il gruppo che riunisce le Autorità della privacy dei 27 Paesi dell’Ue ha, infatti, analizzato la privacy policy di Google per stabilire se fosse in linea con i requisiti fissati nella Direttiva europea sulla protezione dei dati. I Garanti europei hanno chiesto a Google di adottare, entro 4 mesi, una serie di modifiche ritenute necessarie. Decorso tale periodo, Google chiese un incontro con la task force, incontro che si è tenuto il 19 marzo scorso, a seguito del quale tuttavia – sottolinea il Garante – “la società, nonostante avesse manifestato la propria disponibilità, non ha ancora adottato alcuna concreta iniziativa nel senso auspicato”. Ciascuna delle sei Autorità coinvolte condurrà, quindi “ulteriori accertamenti con il formale avvio di procedimenti distinti anche se simultanei ed in stretto coordinamento tra loro”.

La scintilla
A marzo dello scorso anno Google ha modificato il suo regolamento sulla privacy, facendo sì che fosse sufficiente un unico consenso per poter trattare i dati provenienti da tutti i suoi molteplici servizi. Per Google si trattava solo di una semplificazione, ma allora furono in molti a esprimere dubbi. Fin da quel momento i Garanti avevano chiesto a Google una sospensione del nuovo regolamento in attesa che potesse essere valutato. “Le nuove regole sulla privacy decise da Google non sono adeguate a tutelare gli utenti europei”, affermavano in una lettera i Garanti Ue che chiedevano così alla società di Mountain View di farsi parte attiva nella tutela della privacy e di rendere conforme alla direttiva sulla protezione dei dati personali le nuove regole, operative dallo scorso marzo.

Nuovi monopoli
Nel numero di Formiche di gennaio sull’irresistibile ascesa di Google, Franco Bernabè, presidente esecutivo di Telecom Italia, evidenziava i rischi dell’affermarsi degli over the top, gli operatori che utilizzano Internet come un’unica piattaforma indifferenziata e co­struiscono i propri servizi “al di sopra” della rete: “Google, partendo dal motore di ricerca e dal suo modello di business basato sulla pubblicità, ha sviluppato un sistema integrato che include sistemi operativi, con­tenuti digitali, e inizia a posizionarsi anche sui terminali. Il 96% dei suoi ricavi proviene dalla pubblicità. In pratica gli Over the top, che pure avevano costruito i propri servizi al di sopra della Rete utilizzando In­ternet come un’unica piattaforma indifferen­ziata, stanno ricreando – in contraddizione con quella logica ‘riunificatrice’ – il mondo chiuso dei monopoli degli operatori di rete che l’Internet delle origini aveva inteso su­perare”.

I principali capi di imputazione dell’Antitrust
Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nello stesso numero della rivista Formiche di gennaio elencava i due principali capi di imputazione rivolti dall’antitrust europeo nei confronti di Google: “Primo: si pensa che la società di Mountain View operi una manipolazione dell’algoritmo di ricerca per favorire i risultati relativi ai suoi prodotti o a quelli affiliati.Secondo: si indaga sulle clausole di esclusiva imposte ai siti web sui quali Google raccoglie e posiziona le inserzioni pubblicitarie. L’ipotesi è che così facendo possa impedire l’affermazione, in questo settore, di altri operatori. Un altro tema delicato è il divieto di trasferimento dati dalla piattaforma di raccolta pubblicitaria di Google, AdWords, verso piattaforme concorrenti”.

 


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