Per contrastare l’avanzata dei populismi è necessario fare fronte comune, superare i personalismi e le beghe interne per dare vita a una sorta di Fronte Repubblicano (Calenda docet) che ridisegni un’idea di futuro per l’Italia uscendo dalla stretta del populismo e del sovranismo di Lega e Movimento 5 Stelle.
Le proposte in campo, spiega Giuliano Da Empoli, presidente del think tank Volta ed editorialista del Messaggero, sono state tante in queste ultime 24 ore concitate che hanno seguito la rinuncia di Giuseppe Conte a formare un governo gialloverde, e davanti alla crisi istituzionale di questi giorni è indispensabile che le forze europeiste, Partito democratico in prima fila, facciano la loro parte per offrire agli italiani un’alternativa valida.
Domenica si è aperta una crisi istituzionale senza precedenti?
Intanto sulla crisi istituzionale c’è un grande paradosso. L’atto di Mattarella viene presentato da Salvini e Di Maio come una forma di democrazia negata – da qui l’impeachment citato da Di Maio -, con il rifiuto della figura di garanzia della Costituzione del Presidente della Repubblica. Quello che ha fatto il Capo dello Stato, invece, è stato il contrario, ossia imporre il principio di democrazia impedendo una possibile e paventata uscita dall’euro. Una simile decisione non può essere assunta senza un dibattito democratico che si svolga in una campagna elettorale in cui le forze difendono le ragioni dell’una e dell’altra parte. Questo è il paradosso della crisi.
Pare che la campagna elettorale sia già iniziata, con Salvini e Di Maio in televisione a tutte le ore. Cosa ci aspetta, nei prossimi mesi?
Purtroppo ci aspetta un’altra campagna elettorale dai toni infuocati, come già si inizia a vedere. La cosa che mi preoccupa, però, è che c’è il rischio che sia anche una campagna insincera. Non sono sicuro che la Lega e il Movimento 5 Stelle avranno il coraggio di fare una campagna a viso aperto sull’uscita dall’euro e forse sull’uscita dall’Unione europea. Io temo che ancora una volta alimenteranno una dose di ambiguità molto elevata sulle loro intenzioni, ma mi auguro che dopo l’esperienza degli ultimi giorni queste intenzioni siano chiare a tutti.
In questo contesto, il Partito democratico, che da subito si è posto come forza di opposizione, come può fare da argine a Lega e M5S?
Inevitabilmente il Pd deve mettere da parte gli psicodrammi individuali nel corso dei prossimi mesi, perché saranno davvero pochi da quello che per ora si capisce. La campagna elettorale è già iniziata e la questione va molto oltre il Pd. È necessario che si formi una coalizione repubblicana forte e suggestiva, in grado di costituire un vero elemento di novità nel panorama politico.
Si riferisce al Fronte Repubblicano di cui ha parlato Calenda sia su Twitter che su La7 ieri sera?
Mi riferisco sia alla proposta di Calenda e anche a quello che hanno detto tanti in queste ultime 24 ore. E, oltre al mettersi assieme, bisogna cambiare atteggiamento: non può essere un fronte solo difensivo e protettivo ripiegato sulla difesa di qualcosa. Il famoso stratega militare prussiano Karl von Clausewitz dice che una strategia puramente difensiva è sempre perdente, perché nella migliore delle ipotesi si riesce a difendere quello che si ha ma non c’è poi nessuno slancio in positivo. Questo fronte, che va al di là del Pd, dovrebbe avere la capacità di ritrovare uno slancio in positivo, ma bisogna capire come.
Si riferisce a qualcosa in particolare?
I tempi sono molto stretti e non è facile farlo, ma ci sono tre versanti sui quali si può intervenire: un versante legato alla comunicazione, in cui lo strapotere mediatico di alcuni deve essere limitato da una parte dall’Autority che preveda il contradditorio nella campagna elettorale che verrà, ma anche da un giornalismo che non accetti di ospitare esponenti politici – come hanno preteso dal Movimento 5 Stelle – senza alcun contraddittorio. C’è però un altro versante della comunicazione, tecnologico. La nostra parte si deve modernizzare. Quando hanno chiesto al direttore della campagna per la Brexit di spiegare la sua strategia lui ha risposto: “Se volete fare una comunicazione efficace, non assumete comunicatori, ma fisici”. Noi sappiamo che oggi lo scenario comunicaivo è molto cambiato, io di fisici ne ho visti pochissimi nella precedente campagna del Partito democratico, forse alla Casaleggio qualcuno lo utilizzano. È necessario dotarsi di strumenti più avanzati, materialmente più sofisticati, solo così si può migliorare. E questa è la parte meno importante.
Qual è il secondo punto?
Il secondo punto sono i contenuti e le proposte. Come dicevo prima, ci vorrà uno slancio in positivo. Ci vuole il coraggio di puntare su due-tre punti e anche se è stata molto bella l’idea della responsabilità, di raccogliere i 100 punti in cui tutto è ben spiegato, forse si è un po’ perso di vista quali erano le tre proposte centrali che il Pd faceva per il futuro del Paese così come si conoscevano – nel bene o nel male – le proposte degli altri schieramenti. Ecco, non penso che si debba decidere oggi, ma nell’arco di qualche settimana tre temi su cui fare campagna in positivo si possano trovare.
Poi c’è l’ultimo punto…
L’ultimo tema, che ci piaccia o no, perché di questi tempi è così, è quello della leadership. La leadership è il dato che da solo è in grado di cambiare la sorte delle elezioni, lo si è visto per esempio in Nuova Zelanda quando il Partito Laburista stava perdendo molto nettamente, ha cambiato il leader trovando una giovane dinamica come Jacinda Ardern che ha permesso un balzo di 15 punti e la vittoria delle elezioni. Il leader conta tanto, quindi bisogna trovare qualcuno che sia in grado di dare una spinta in positivo di portare un elemento di novità forte, con delle proposte forti dentro una campagna così decisiva per il futuro del nostro Paese sarebbe indispensabile. Certamente che sia una strada in salita l’abbiamo capito tutti.