Nei momenti di profonda trasformazione nell’anima e nei rumori della città, l’esposizione a rischi di natura ambientale, sociale ed economica – su tutte le infrastrutture – aumentano in modo significativo. Chi intraprende percorsi di cambiamento si espone naturalmente a possibili fallimenti, ma questi possono essere mitigati grazie alle scienze anticipatorie e a un’adeguata gestione dei rischi.
A partire da questa volontà, il Comune di Milano ha colto l’opportunità offerta dalla rete 100 Resilient Cities – un progetto nato grazie alla Rockefeller Foundation per aiutare le città di tutto il mondo a diventare più resistenti alle sfide fisiche, sociali ed economiche – per avviare un percorso di analisi dei rischi urbani attuali, provando ad attualizzarli all’interno dei processi di governance e policy territoriali.
Nel mondo solo 87 città – Roma, New York, Londra, Barcellona, Melbourne, Bogotà, Città del Messico, Parigi, Seoul, Rotterdam e Atene, per citarne alcune – si sono dotate di un Chief resilience officer (Cro), ma si contano su una mano quelle che hanno creato un dipartimento dedicato alla resilienza con funzioni trasversali, come ha fatto ad esempio il Comune di Milano, sia provando a intervenire sul Piano triennale delle opere, sia sulle opere che guardano il lungo periodo.
Uno dei progetti del Comune, ad esempio, riguarda il depuratore di Nosedo, impianto energeticamente autosufficiente e circolare nella fornitura di acque e fanghi per l’agricoltura. Il prossimo passo sarà quello di recuperare i 50MW termici potenziali che si generano nel processo di depurazione per fornire il calore a 6mila vecchie unità abitative, che arrivano a 18mila se pensiamo agli standard della vicina Santa Giulia. Di questo progetto, così come della riapertura dei Navigli, ne sta discutendo il gruppo di lavoro Milano città d’acqua: l’obiettivo è dimostrare con un progetto-pilota come ridare alle acque milanesi non solo un’opportunità per l’attrattività turistica, ma soprattutto la riduzione del rischio idraulico e un graduale spostamento verso la mobilità dolce e pedonale e verso la transizione energetica.
Le acque diventano così elemento del metabolismo energetico. Anche Parigi sta lavorando in questo senso. Il Cro della città, Sebastiene Marie, ha affiancato il team dell’urbanistica per definire i criteri di resilienza per il grande progetto di riqualificazione di Bercy-Cheranton – 360mila metri quadri di uffici ed edilizia abitativa e 5mila metri quadri di giardini sospesi con funzioni ecosistemiche a ridosso della Senna. Los Angeles, invece, con il suo Chief resilience officer, Marissa Aho, ha pianificato, con la collaborazione del sindaco, un piano di investimenti di 120 anni per 50milioni di dollari annui per il rifacimento della rete idrica della città.
Rotterdam, con il Cro Arnouad Moolenar, per supportare la transizione energetica carbon neutral al 2050, sta promuovendo tre iniziative di resilienza che rafforzano il nesso tra acqua, energia e tecnologia: la prima costituita dalle piazze d’acqua, opere diffuse per la riduzione del rischio idraulico; la seconda che prevede invece di elevare sui tetti degli edifici soluzioni per la produzione di cibo, la mitigazione delle isole di calore o, ancora, per la produzione di energia da fotovoltaico o solare o, infine, per la raccolta e il riutilizzo delle acque piovane; la terza, sulla cyber-resilienza, riguarda invece la creazione di sistemi energetici che garantiscano una maggiore capacità di difesa da eventuali attacchi informatici.
Queste sono tutte esperienze che Milano conosce e che sta portando avanti. Possiamo immaginare, infatti, che il futuro di Area Expo possa diventare non solo un centro di ricerca di eccellenza, ma anche un laboratorio a cielo aperto di resilienza. Perché Area Expo non è solo quello che rimane di un evento di successo, ma un’esperienza che potrebbe essere riutilizzata per la città, facendo di Milano un esempio di come si gestisce il prima, il durante, ma soprattutto il dopo di un grande evento. La strada intrapresa è delineata: l’obiettivo non è solo quello di garantire una migliore qualità dell’aria e una riduzione dei consumi energetici, ma muoversi verso una città fossil free.
(Foto: Comune di Milano)