L’Italia non è la Grecia per tessuto industriale e Pil, ragiona l’economista Mario Seminerio, animatore del blog Phastidio.net, ma il suo trend ha contorni ellenici grazie all’austerity esasperata.
Sul blog di Beppe Grillo si accosta l’Italia alla Grecia, Formiche.net gira il quesito a chi da mesi richiama sui rischi di una “cura letale”, come da titolo del saggio scritto da Seminerio.
Quante affinità ci sono tra i due Paesi?
“Sicuramente l’Italia non è come la Grecia dal punto di vista del tessuto produttivo e del diverso peso specifico dell’economia. Il problema è che, guardando a come si sta deteriorando la congiuntura italiana, quindi con un forte aumento della disoccupazione, con dati relativi al comparto industriale che indicano un’estrema sofferenza, tali elementi indicano che il sistema economico anziché stabilizzarsi continua a peggiorare. Fare un parallelo di questo tipo, per quanto può essere considerato abbastanza sensazionalistico, potrebbe avere qualche fondamento. Ma prendiamolo con le pinze”.
Per quale ragione?
“Il dato comune sta nel deterioramento dei dati congiunturali ed è un elemento di grande preoccupazione. Che poi lo dica Grillo, l’analista di mercato o l’uomo della strada, poco cambia. Che poi qualche volta Grillo dica qualcosa che abbia un senso comune, beh questa è un’altra cosa”.
Una fine come la Grecia non è certo prossima, sostiene il professor Beppe Scienza dell’università di Torino, ma a medio termine non si può escludere: solo catastrofismo e propaganda?
“Premesso che lo seguo da anni, apprezzandone il lavoro di divulgazione contro alcuni atteggiamenti furbi da parte delle banche, nel caso specifico direi che è una frase di buon senso e che mi sentirei di sottoscrivere. In quanto il deterioramento è in atto e molto vistoso, se non riuscissimo a stabilizzarci la situazione rischierebbe di sfuggirci di mano. Anche i dati sul forte aumento dei licenziamenti nel 2012 stanno lì a dimostrarlo. Per cui nell’immediato non siamo come la Grecia, però il trend su cui ci siamo posti è sicuramente molto preoccupante, perché rischia di riprodurre quella traiettoria. Quindi il professor Scienza non ha torto”.
In un editoriale sul Mondo, il direttore Enrico Romagna-Manoja sostiene che il salvataggio della Grecia è avvenuto senza toccare i singoli risparmiatori: e i possessori di titoli di Stato ellenici ridotti a spazzatura, allora?
“Infatti quell’editoriale non è condivisibile, perché i risparmiatori che possedevano titoli di Stato greci sono stati colpiti pesantemente, perdendo fino al 90% del valore nominale. Se poi si intende dire che non sono stati colpiti perché in Grecia non vi è stato prelievo forzoso sui depositi, certamente è così. Però se considerassimo, come dovremmo fare, il concetto di risparmio in senso lato (inglobando i titoli) allora sono stati colpiti eccome”.
Fino ad oggi all’austerity non sono seguite politiche di ripresa: quanto vicino è il rischio che quella scelta aggravi la salute del malato Italia?
“Lo sostengo da sempre e vi ho dedicato un libro, Cura letale. Questa austerità è stata completamente sbagliata, perché alla stretta fiscale in quanto tale, eccessiva, violenta e concentrata nel tempo, si è sommata una situazione oggettiva di credit crunch del sistema bancario. Dove le banche devono ridurre il proprio grado di indebitamento, quindi smettono di prestare, chiedono il rientro a molti debitori, trovandosi a dover fronteggiare, a causa di questa sorta di circolo vizioso che si autoalimenta, una situazione in cui le sofferenze continuano ad aumentare. Per cui servono accantonamenti e perdite sui crediti che si mangiano l’utile che diventa perdita, e che si mangia il capitale: un impressionante circuito che dimostra come l’austerità sarebbe dovuta essere attuata con un passo umano. Una stretta di un punto percentuale di pil annuale, non di tre punti all’anno per tre anni come è stato sottoposto a noi, e a Portogallo, Spagna, Grecia. La violenza, la concentrazione e la gravità di quella stretta fiscale sono alla base di questa crisi”.
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