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Manuale di pacifica convivenza tra Tria, Pesco e Borghi. Le opinioni di Messori e Micossi

Differenti, ma sotto lo stesso tetto. Va detto, non sarà facile per Giovanni Tria (nella foto), ministro dell’Economia dall’anima moderata e soprattutto realista andare d’amore e d’accordo con Claudio Borghi e Daniele Pesco, i nuovi presidenti delle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Leghista tra i più ortodossi, il primo, grillino della prima ora il secondo. Tutti e due a capo dei collegi con la diretta competenza su tutti i dossier che escono ed entrano dal Tesoro guidato da Tria, legge di Bilancio in primis. Un incrocio in cui sarà fondamentale rispettare le precedenze e le corsie, pena una potenziale rotta di collisione con il governo o peggio di un ingorgo parlamentare, che certo all’Europa non piacerebbe. La parola d’ordine insomma è una e una sola, sintonia.

Tria è il ministro che quattro giorni fa ha riportato alla Camera un po’ tutti coi piedi per terra (qui l’approfondimento di Formiche.net) dando prova di sano realismo contabile e finanziario: va bene la flessibilità, va bene discutere sul deficit ma fino a quel momento i vincoli di bilancio, debito pubblico in prima battuta, vanno rispettati. Punto. Insomma, meno sognatore e soprattutto più europeista di Borghi, per il quale vale la pena ricordare il siluro lanciato su Mps un mese fa quando, paventando una permanenza a oltranza dello Stato nel capitale (68%) e una cacciata dell’attuale ceo Marco Morelli, il titolo Mps sprofondò dell’8% in pochi minuti. Questione di comunicazione.

La stessa comunicazione che dovrà garantire una relativa calma sui mercati. Compito non facile se si considera che a pochi minuti dall’ufficializzazione di Borghi, Pesco alle Bilancio e Alberto Bagnai alla commissione Finanze della Camera, lo spread è schizzato da 200 a 234 punti basi e la Borsa a Milano ha virato in negativo. Un caso? Forse, o forse no, almeno secondo molti operatori.

La verità è che Tria è chiamato a un compito che definire arduo è poco. Placare l’impeto che Lega e Cinque Stelle hanno sempre dimostrato nel voler applicare certe misure. La manovra d’autunno, la finanziaria per intendersi, è vicina. E ed è giocoforza intuire come la compagine leghista in commissione Bilancio caldeggi per esempio una flat tax. Magari contemporaneamente all’attacco pentastellato per il reddito di cittadinanza, al Senato. Come potrà il ministro frenare lo tsunami legastellato nel nome dei patti di bilancio sottoscritti con l’Europa?

Sulla dialettica, ancora da costruire, tra il Tesoro e i rappresentanti delle due commissioni, Formiche.net ha voluto sentire l’opinione di due economisti di lungo corso, quali Marcello Messori e Stefano Micossi.

“Facciamo un piccolo passo indietro e torniamo al contratto di governo. Che cosa c’è dentro e che cosa si vuole mettere in manovra tra pochi mesi? La riorganizzazione delle agenzie del lavoro, l’applicazione del reddito di cittadinanza e la riscrittura anche parziale delle legge Fornero. E siamo a 23 miliardi. Poi ci sono le clausole Iva, 12 miliardi e la manovra correttiva da 5 miliardi che l’Europa ci ha chiesto il conto sale a 40 miliardi. Ecco tutto questo o anche una sola applicazione graduale di queste misure, non è compatibile con i vincoli europei e con la stabilità della moneta. E allora, dato per appurato che Tria abbia ribadito tali vincoli ecco che tutto quello che ho menzionato non si può fare”, afferma Messori.

Che trae una conclusione amara. “Prima o poi questi nodi verranno al pettine perché quello che si vuole fare in realtà non si può fare. La strada è strettissima, bisognerà lavorare sull’equilibrio”. Il messaggio dell’economista è chiaro. Tria dovrà sfoderare tutta la sua abilità nell’individuare la giusta frequenza sulla quale sintonizzare il Mef con le commissioni.

Un suggerimento a Tria arriva anche da Micossi, direttore generale di Assonime. Il quale riconosce la profonda spaccatura tra la visione europeista di Tria e quella euroscettica di Borghi e Pesco. “Borghi finora si è dimostrato molto irresponsabile, è bene saperlo. Ma ho molta fiducia in Tria, il quale finora è riuscito a mantenere una linea piuttosto chiara, dentro e fuori il Parlamento. Ed è esattamente quello che dovrà continuare a fare. Tenere ferma la barra contro i possibili eventuali colpi di testa di qualcuno”.

 


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