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Il bivio della Turchia. Cosa dice il dossier Ispi sulle elezioni

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Domenica i cittadini turchi andranno alle urne per rinnovare il Parlamento e, soprattutto, per eleggere il nuovo presidente. Saranno le prime elezioni dopo il referendum costituzionale dell’aprile scorso, che ha aumentato a dismisura i poteri del presidente, a scapito di parlamento e magistratura. L’uomo da battere, neanche a dirlo, è ovviamente colui che la riforma presidenzialista l’ha voluta, Recep Tayyip Erdogan, presidente dal 2014 e primo ministro per altri 11 anni, deciso adesso ad ottenere un posto nella storia della penisola anatolica pari a quello dell’eroe nazionale Kemal Ataturk. “Continuità o cambiamento?”, cosa aspettarsi dalle elezioni turche? Questo si chiedono gli osservatori internazionali e i ricercatori dell’Ispi, che hanno prodotto un dossier così intitolato che cerca di capire dove andrà la Turchia dopo l’appuntamento elettorale di domenica.

Rispetto ad alcune settimane fa, il risultato non è più così scontato. Innanzitutto, l’opposizione turca, sulle cui storiche divisioni ha sempre capitalizzato Erdogan, si è finalmente riunita in un’unica coalizione. Merito della nuova legge elettorale che incoraggia la formazione di coalizioni, perché permette a qualsiasi partito alleato con una formazione che supera la soglia del 10% di entrare comunque in parlamento. Se tale escamotage serviva al presidentissimo per benedire l’intesa del suo partito, Giustizia e Sviluppo, con il partito della destra ultranazionalista (MHP), uniti nella “Alleanza del Popolo”, esso ha finito per unire l’opposizione, come ben illustra nel dossier il prof. Nocera, riunita finalmente nella “Alleanza della Nazione”, che tiene insieme il Partito popolare repubblicano (Chp), il partito Iyi (parito buono), e il Partito Islamista Felicity.

Corre da solo invece il partito democratico del popolo (Hdp), punto di riferimento per i curdi della parte orientale del Paese e possibile ago della bilancia delle prossime elezioni. I curdi sperano sia premiata la scelta di candidare lo storico leader Demirtas, nonostante da due anni sia in carcere con l’accusa di terrorismo. Per ora, l’alleanza che sostiene Erdogan è data tra il 43% e il 51%, mentre le opposizioni riunite dovrebbero riuscire a racimolare tra il 40% e il 45% dei voti. Ecco perché è vitale che l’Hdp riesca a superare la fatidica soglia del 10%, per non spianare la strada all’ex sindaco di Istanbul.

L’obiettivo dichiarato delle opposizioni è quello impedire a Erdogan di raggiungere la maggioranza assoluta al primo turno, così da costringerlo ad un ballottaggio che vedrebbe lui contro tutte le opposizioni, voti curdi compresi, tutte unite a difesa della democrazia turca.

L’anti-Erdogan è Muharrem Ince, il leader del partito repubblicano, figlio di un agricoltore, professore laico ma rispettoso delle religiosità del popolo turco e delle esigenze delle minoranze. Hanno molto apprezzato, i Curdi, la visita a Demirtas in carcere durante la campagna elettorale.

L’economia sarà un altro fattore chiave che inciderà non poco sul risultato. Come spiega bene Valeria Talbot nel suo contributo, la crescita del reddito medio dei cittadini turchi è sempre stato “un asset” su cui Erdogan ha potuto contare sin dal 2002, quando è stato eletto premier per la prima volta. Oggi, con la lira turca in picchiata e con gli investitori internazionali che sembrano abbandonare il Paese, al Presidente non resta che accusare la Banca centrale “madre e padre di tutti i mali”, che ha dovuto alzare i tassi per evitare ulteriori svalutazioni.

Quale che sia il risultato delle elezioni, la Turchia è a un bivio. Come nota Kadri Tastan del suo approfondimento per il dossier Ispi, dovesse Erdogan restare alla guida, questa volta privo di qualsiasi contrappeso istituzionale, il Paese potrebbe scivolare definitivamente verso un autoritarismo illiberale e islamista, lontano dall’occidente e dall’Europa. Al contrario, se invece a prevalere fosse l’anima laica e liberale, Ankara potrebbe riprendersi quel suo ruolo di ponte tra oriente e occidente, fondamentale, in tutte le epoche, per il dialogo tra civiltà e culture millenarie



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