Una delle poche, se non l’unica, decisioni concrete e fattuali prese dal Consiglio europeo del 28 e 29 giugno è stata la composizione del Parlamento europeo che uscirà dalle elezioni europee del 23 e 26 maggio 2019: i capi di Stato e/o di governo dei 27 – la Gran Bretagna, a quel momento, sarà fuori dall’Ue da circa due mesi – hanno avallato l’indicazione venuta dal Parlamento europeo. E l’Italia ci ha guadagnato tre seggi: ne ha 73 nell’Assemblea di Strasburgo attuale, ne avrà 76.
Tre seggi in più per quelle elezioni che Matteo Salvini, leader della Lega, vice-premier e ministro dell’Interno, ha oggi definito “un referendum fra l’Europa delle élite, delle banche, della finanza, dell’immigrazione e del precariato, e l’Europa dei popoli e del lavoro”. Parlando a Pontida, luogo delle rodomontate leghiste, Salvini ha pure svelato il suo progetto di una “Lega delle Leghe che metta insieme tutti i movimenti liberi e sovrani” e ha accolto come un complimento la definizione di “alleanza internazionale dei populisti”.
Salvini non rivela se stia pensando, per la Lega delle Leghe, oltre che al Raggruppamento francese di Marine Le Pen in Francia, con cui la Lega fa già gruppo al Parlamento europeo, agli xenofobi e sovranisti belgo-fiamminghi e olandesi, al Fpoe di Heinz-Christian Strache in Austria e ai tedeschi di Alternativa per la Germania, e via dicendo.
Non ho sovente l’occasione di trovarmi d’accordo con un’affermazione di Matteo Salvini, che spesso procede per asserzioni apodittiche e spesso dice cose palesemente inesatte senza preoccuparsene, pur essendone conscio – a Pontida, per esempio, ha affermato che sulla chiusura dei porti decide il ministro dell’Interno, mentre i porti dipendono dalle capitanerie di porto che a loro volta dal punto di vista militare dipendono funzionalmente dal ministro della Difesa e operativamente dal ministro delle Infrastrutture, ai quali risponde la Guardia Costiera -.
Ma sulla valenza delle elezioni europee 2019, credo che il leader della Lega e, almeno in pectore, della Lega delle Leghe abbia ragione: quel voto sarà il momento di confronto su scala continentale fra quanti pensano che la sovranità e la capacità di decidere del proprio futuro si difende rifugiandosi nelle Nazioni, una dimensione ottocentesca, e quanti, invece, ritengono che la sovranità e la capacità di decidere del proprio futuro si esaltano nell’integrazione europea e nella costruzione di un’Europa federale, che va certo resa più equa, più solidale, più efficiente e più democratica, ma che va difesa e sostenuta, non combattuta e affossata.
Noi italiani avremo, dunque, la possibilità di mandare a Strasburgo tre deputati in più per fare sentire la nostra voce e difendere la nostra causa, che è la causa europea. L’emergenza dell’Italia non sono poche migliaia di migranti e il sentimento d’insicurezza che “i sacerdoti della paura” nutrono, ma sono la mancanza di lavoro (e del rispetto del lavoro), la corruzione, l’evasione e ancora le criminalità organizzate: l’Unione è un’alleata per combatterle; chi demonizza l’Unione, e coltiva la paura, non vuole combatterle.