Eni prova a bruciare tutti sul carbone, per portarsi un passo avanti rispetto ai competitor globali alle prese con la transizione energetica. Un obiettivo ambizioso preannunciato, anche se solo in linea di principio, già due anni fa dal ceo Eni, Claudio Descalzi (nella foto), nel corso di un incontro con gli studenti. Ribadito, però, questa mattina a Milano nel corso del rinnovo di un accordo strategico per la ricerca con il Politecnico.
All’orizzonte di Eni c’è una scelta precisa. Quella che porterà il Cane a sei zampe entro la fine del 2018 a fornire i propri obiettivi in termini di neutralità carbonica per ridurre al minimo le emissioni di gas ad effetto serra tra cui la CO2. E sarà “un annuncio epocale” per ammissione dello stesso Descalzi. Oggi “inizia un ciclo nuovo e strategico dell’attività Eni che da compagnia petrolifera è passata ad essere società energetica e ora punta sull’economia circolare per arrivare alla neutralità carbonica. Ancora nessuno si è preso il rischio di annunciare che vuole essere neutro dal punto di vista del carbonio. Io lo voglio fare e noi siamo convinti di poterlo fare”, ha affermato il manager.
Certo, tutto è ancora allo stadio preliminare, ma le intenzioni e le premesse per archiviare definitivamente un’era energetica ci sono tutte. “Stiamo approfondendo e stiamo valutando la parte economica. Dobbiamo fare l’analisi tecnica. Ma sarà un passo fondamentale per spingere tutto il sistema verso la riduzione delle emissioni perché non ci sono solo quelle atmosferiche ma anche quelle che riguardano il suolo. L’obiettivo è anche ottimizzare la produzione dei rifiuti evitando gli sprechi. Soltanto il 17% della popolazione produce la gran parte dei rifiuti mondiali. Se lo facessero tutti allo stesso modo saremo sommersi dai rifiuti”, ha concluso Descalzi.
Il numero uno di Eni ha poi allargato lo spettro dei suoi ragionamenti anche ad altre questioni. Per esempio il prezzo del petrolio. Che nelle previsioni del manager potrebbe stabilizzarsi intorno ai 70 dollari al barile (oggi è a 73). Valore su cui pesano più incognite, a cominciare dalla possibilità ancora tutta da verificare che l’Arabia Saudita, primo produttore al mondo, aumenti di 2 milioni di barili al giorno la produzione. Il che farebbe frenare il prezzo. “Secondo me 70 dollari o un po’ sopra è un prezzo che può andare bene sia al produttore sia al consumatore, è chiaro che chi investe deve avere un’idea della continuità del prezzo”.
“In questo momento”, ha proseguito Descalzi, “la previsione è sulla crescita, ma non è detto perché dipende da quanto l’Arabia Saudita e la Russia riusciranno a giocare sulle scorte. Chiaramente se riuscissero a rispettare il milione di barili di aumento che hanno promesso, il prezzo potrebbe stabilizzarsi tra i 65 e i 70 dollari”.
Non è finita qui. Un elemento essenziale della strategia di Eni è l’Egitto, Paese che ha regalato giacimenti immensi (di gas) quali Zohor e Nooros. Eppure ci potrebbero essere nuove belle novità dal Paese nord africano. Ovvero “nuove possibili scoperte (prospect)” per le quali “le perforazioni le faremo nei prossimi mesi”.
In tutto ciò, proprio oggi Eni e HitecVision, investitore leader nel settore del private equity, hanno annunciato un accordo di fusione tra Point Resources ed Eni Norge, consociata di Eni, che darà vita a una nuova società chiamata Var Energi. La nuova entità sarà una società indipendente leader nel settore dell’esplorazione e produzione di idrocarburi in Norvegia, costruita sulla società d’origine e che farà leva sulla combinazione dei rispettivi punti di forza.