A una manciata di giorni dal vertice Nato a Bruxelles e dall’incontro a Helsinki tra Donald Trump e Vladimir Putin, crescono le tensioni tra Londra e Mosca, ravvivate da nuovi casi di avvelenamento da agente nervino Novichok.
Mentre prosegue l’indagine sulle possibili interferenze nel referendum che ha portato alla Brexit e a soli quattro mesi dall’intossicazione dell’ex spia russa Sergei Skripal e di sua figlia Yulia, poi guariti e dimessi, è fresca la notizia che Dawn Sturgess, 44 anni, madre di tre figli, è morta a Amesbury, vicino a Salisbury, dove erano stati colpiti gli Skripal.
Causa del decesso sarebbe sempre il Novichok, un agente nervino sviluppato a scopi militari dall’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda, con il quale la donna potrebbe essere entrata inavvertitamente in contatto.
I TIMORI DI LONDRA
Nel caso degli Skripal, il governo di Londra aveva attribuito il tentativo di uccidere l’ex agente segreto doppiogiochista alla Russia, malgrado le smentite di Mosca. E anche la dinamica del nuovo caso è, invero, ancora poco chiara, ma la polizia britannica ha aperto ieri un’inchiesta.
TRACCE DI NOVICHOK
La donna era stata ricoverata il 30 giugno, insieme al 45enne Charlie Rowley, tutt’ora in ospedale in condizioni critiche. La coppia si era sentita male mercoledì scorso, spingendo a pensare in prima battuta all’uso di droghe. Le analisi hanno invece reso chiaro, dopo poche ore, che i due erano entrati in contatto con tracce di Novichok. Non è ancora certo come l’agente nervino abbia potuto diffondersi da un posto all’altro, ma gli inquirenti sospettano che Amesbury, vicina a Salisbury, possa essere stata utilizzata come base operativa o comunque luogo per nascondere o disfarsi, magari per strada, di un contenitore con dentro del Novichok.
L’AGENTE INTOSSICATO
Anche un agente di polizia britannico sarebbe stato ricoverato “a scopo precauzionale” per una possibile esposizione al Novichok. E si teme che la lista potrebbe ampliarsi.
L’INCHIESTA IN CORSO
Non è tardata la reazione delle autorità britanniche. La premier Theresa May si è detta “inorridita e scioccata” per il decesso della donna, chiedendo di velocizzare le indagini per scovare “gli assassini” e lasciando intendere una possibile ulteriore escalation dello scontro diplomatico con il Cremlino che ha già portato, nei mesi passati, a una serie di espulsioni e sanzioni incrociate.
A cercare di “spegnere l’incendio” è stato il ministro dell’Interno di Londra, Sajid Javid, che visitando le due città coinvolte ha invitato – pur ribadendo tutti i pesanti sospetti verso Mosca – a mettere da parte ipotesi affrettate sulle investigazioni in corso per questo secondo episodio, escludendo, almeno “per il momento”, nuove sanzioni nei confronti della Russia.
“Abbiamo chiaramente determinato, attraverso i nostri scienziati ed esperti, che l’agente nervino è il medesimo utilizzato contro gli Skripal, ma mentre sappiano che a marzo fu opera dei russi […], su questo secondo incidente dobbiamo capire di più”.
LA REPLICA DI MOSCA
Mosca continua però a respingere ogni accusa e, anzi, attraverso il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, citato dall’agenzia Tass, esprime “preoccupazione” per il nuovo caso di avvelenamento perché la situazione costituirebbe un “pericolo” per l’Europa intera.
Sempre Mosca si è detta estranea all’intera vicenda, chiede di “finirla con gli intrighi” e ritiene “assurdo” ogni addebito di attacco su suolo straniero, peraltro nel momento in cui i riflettori del mondo sono puntati sui campionati del mondo di calcio di Russia 2018.
SERVE LA NATO?
Il tutto accade a pochi giorni dall’incontro del 16 luglio tra il presidente russo Putin e il suo omologo americano Trump (nonostante le recenti divergenze il legame tra Washington e Londra è ancora forte), ma soprattutto a una manciata di ore dal summit Nato dell’11 e 12 di questo mese a Bruxelles, dove all’ordine del giorno c’è anche la discussione degli attriti con Mosca e che sarà un buon termometro per misurare l’incandescenza delle relazioni tra molti alleati e il Cremlino, cresciuta a dismisura dalle tensioni in Crimea in poi, passando per le accuse di ingerenze nei processi democratici di molti Paesi, Usa compresi (il Russiagate e il caso Cambridge Analityca sono due degli episodi più noti riportati dalle cronache).
Alcuni analisti di peso, come Barry Pavel – senior vice president del think tank americano Atlantic Council, all’interno del quale dirige il Centro di strategia e sicurezza Brent Scowcroft – sono persino convinti che di questa escalation, giunta ormai a livelli pericolosi, debba farsi carico proprio l’Alleanza Atlantica su impulso del governo britannico.
“Il Regno Unito”, ha twittato l’esperto, “dovrebbe richiedere consultazioni per invocare la norma dell’articolo V” del trattato Nord Atlantico che prevede, per i membri dell’Alleanza, la mutua difesa. Quanto accaduto, aggiunge, “potrebbe configurare un attacco deliberato a Londra”, che dovrebbe pertanto reagire.