“Quella di Trump di oggi è stata una forzatura, in realtà già ieri si respirava un clima di grande collaborazione e cordialità”. Paolo Alli, presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, intervistato da Formiche.net conferma il buon esito del summit e ridimensiona l’ennesima giravolta del Presidente americano, che tra lo sbalordimento degli addetti ai lavori aveva costretto questa mattina gli alleati a una riunione straordinaria, in cui avrebbe addirittura minacciato di sfilare gli Usa dall’Alleanza Atlantica se gli europei non si fossero impegnati ad aumentare in tempi rapidi le proprie spese militari. Trump a parte, il vertice di Bruxelles contiene anche buone notizie per l’Italia, che porta a casa la “piena operatività” dell’hub di Napoli, dopo essersi a lungo spesa perché l’Alleanza prestasse più attenzione alle minacce del suo fianco sud.
Presidente Alli, quali sono i risultati del summit. Ha ragione Trump, la Nato ne esce più forte?
Diciamo subito che la sostanza non è cambiata questa mattina, oggi c’è stata solo l’ennesima forzatura di Trump che ha voluto convocare un incontro di emergenza, nient’altro che un espediente comunicativo. In realtà il commitment era stato già espresso ieri, e già ieri c’era un clima di grande collaborazione e cordialità, come si evince dal documento conclusivo che sostanzialmente riafferma l’impegno di tutti Paesi.
Qual è stato allora l’impatto del fattore Trump?
Trump ormai ci ha abituati con i suoi tweet a buttare all’aria tutte le carte. Era partito dagli Usa per difendere i contadini americani dalle politiche Ue. Quest’ultimo è stato un ulteriore colpo di teatro che ha imbarazzato molto gli addetti ai lavori. Trump fa lo showman, mescola il gasdotto, i contadini, l’Ucraina e alla fine ne esce vincitore in termini comunicativi. In generale però è stato un summit positivo, i timori dello sfascio della Nato si sono rivelati infondati, probabilmente per capire di più dovremo aspettare l’incontro del 16 ad Helsinki dove a mio parere ci sarà anche lì un grande battage mediatico ma pochi risultati, come per l’incontro con Kim Jong Un.
Trump a parte, l’Italia ha portato a casa quello che voleva. Il presidente Conte ha detto che grazie al’hub di Napoli l’Italia è più sicura…
Su questo mi sento di dare ragione a Conte, il fianco sud è più forte. Certo, non è un successo ottenuto in questi ultimi mesi, ma è il frutto di anni di lavoro, a tutti i livelli. È sicuramente un successo italiano, ma c’è stato anche il contributo di tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, Grecia, Francia e Spagna. È importante avere un presidio che guardi all’Africa. Ne ho parlato anche nel mio incontro con alcuni senatori americani, dove ho sottolineato l’importanza del fianco sud e del continente africano.
Oltre al Mediterraneo un altro tema caldo era quello dei Balcani, evocati anche nel suo discorso di ieri…
Per i Balcani si andrà avanti con il lavoro fatto in questi anni. C’è un ruolo da svolgere per la Nato in futuro. L’apertura alla Macedonia è un discorso importantissimo, l’ultimo ostacolo era l’accordo con la Grecia sul nome, ora che questo sembra superato ci apprestiamo a un passaggio epocale. Ciò dimostra inoltre la coerenza dell’open door policy della Nato quando i Paesi soddisfano le condizioni richieste per l’adesione.
C’è poi come al solito la questione del fronte orientale. Qual è lo stato dei rapporti con Mosca?
Per quanto riguarda la Russia è stata riaffermata la dual track policy, deterrenza e dialogo. Dialogo possibile solo aumentando la deterrenza. Per questo è stato fondamentale rafforzare le procedure di intervento rapido attraverso la readiness initiative, che prevede 30 battaglioni meccanizzati, 30 squadroni aerei e 30 navi da guerra in grado di essere operativi in 30 giorni. C’è poi il tema della mobilità interna all’Europa, e anche qui si sono registrati passi in avanti, c’è un sostanziale accordo per migliorare la mobilità dei mezzi militari di terra, mare e cielo, sia attraverso l’uniformazione delle procedure tra tutti gli Alleati, sia con i necessari investimenti in infrastrutture e logistica.
Nel suo intervento ha citato Moro, cosa vuol dire per l’Italia mantenere l’impegno che fu dei grandi statisti del passato?
Il mio riferimento a Moro voleva essere un richiamo ad anteporre l’unità agli interessi particolaristici, per camminare insieme di fronte ai rischi che dobbiamo assumerci. Credo che tutti noi dobbiamo rifarci ai grandi del passato, De Gasperi, Adenauer, Schuman. Dopo la Seconda guerra mondiale vincitori e vinti si sono seduti allo stesso tavolo con il sogno di ricostruire l’Europa. Noi oggi dobbiamo allo stesso modo anteporre l’unità ai nazionalismi e agli isolazionismi. In questo senso, il messaggio di unità che proviene dalla Nato è molto forte, peraltro ribadito anche dagli Usa. Questo rompe le uova nel paniere ai populisti, che fanno dell’indebolimento degli organismi multilaterali uno dei meccanismi per distruggere il sistema. Oggi anche gli Usa, che magari sono critici nei confronti della Nazioni Unite o di altre organizzazioni, hanno ribadito che sulla Nato non si discute. Anche in Italia mi sembra che chi era critico si sia riconvertito, si vede che andare al governo costringe a uscire dal virtuale e a prendere finalmente contatto con la realtà.