“Bisogna esistere, bisogna contare”. Marta Grande, deputata del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione Affari Esteri della Camera non ha dubbi sull’importanza della stabilità del Mediterraneo: “È tutto, da essa dipendono gli equilibri del mondo”, ha detto durante una conversazione con Formiche.net. Su questa scia, la decisione di assegnare a Roma il segretariato dell’Assemblea Euromediterranea mette l’Italia ancora più al centro del dibattito. L’Assemblea, che ha come obiettivo la promozione del dialogo tra i Paesi del bacino del Mediterraneo, assume ora – in un momento di crisi globale, ma con epicentro anche nel Mediterraneo – un nuovo valore e per Roma sarà l’occasione per guidare tale processo.
Roma è stata scelta come sede permanente del segretariato dell’Assemblea Euromediterranea, cosa rappresenta per l’Italia questa decisione?
È un riconoscimento importantissimo, un autentico passaggio chiave. L’Italia non è solamente un Paese europeo, è più precisamente un ponte tra due macro-realtà, l’Occidente inteso come continente, come realtà “interna” e dal lato opposto la civiltà mediterranea, intesa nel senso più ampio. L’Italia può essere il paese “metronomo” di questa operazione, governando il processo di interazione di questi due differenti mondi che nel corso di secoli e millenni non hanno mai smesso, come del resto anche oggi accade, di incontrarsi e scontrarsi. Se accetteremo questa sfida, sono certa, faremmo un clamoroso balzo in avanti sotto molteplici aspetti, indirizzando gli sforzi soprattutto verso un percorso di “istitutional building” indispensabile non solo per la stabilizzazione di una singola area geografica, ma per il futuro prossimo di tutto il mondo.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Per l’Italia è un riconoscimento, o anche una prova?
Vale quanto detto sopra: noi dobbiamo essere all’altezza del ruolo e, mi creda, lo saremo. Governare un simile processo di mediazione significa restituire al nostro Paese un ruolo guida nel mondo compiendo al contempo un passo importante verso la riconquista di un prestigio diplomatico che ci appartiene di diritto.
Come rilanciare l’azione dell’Assemblea, nata nel 2010, che non è mai decollata completamente?
Il ruolo dell’assemblea si è rivalutato da solo, dal 2010 è letteralmente cambiato il mondo: la cultura, l’asse del potere politico, la struttura del capitalismo inteso come valore assoluto, come spina dorsale del “sistema Occidente”. Dieci anni fa sarebbe stato impossibile anche solo prevedere che la crisi medio orientale si sarebbe inasprita al punto da raggiungere simili vette, che la scala di valori in Occidente avrebbe subito un simile sconvolgimento e che l’asse popolo/populismo avrebbe investito e modificato radicalmente la democrazia stessa, intesa come valore universalmente condiviso. Oggi il mondo occidentale sembra lentamente destarsi da un lungo sonno per accorgersi, finalmente, che la propria scala di valori può essere messa in discussione. In questo senso si ha una certezza: chi riesce a giocare un ruolo di raccordo, a garantire scambio ed apertura, ha garantito il futuro.
In che modo l’Assemblea può giocare un ruolo chiave nella stabilità del Mediterraneo, pensando ad esempio alla Libia o alla gestione dei flussi migratori?
Sono questioni enormi, autentici massimi sistemi. Parlare di immigrazione piuttosto che di stabilità partendo da un punto di vista nazionale o, se preferisce europeo, sarebbe un esercizio sterile, fine a sé stesso. Piuttosto ritengo indispensabile parlare di metodo, più che di merito: la democrazia e la diplomazia parlamentare devono acquisire nuova consapevolezza, non solamente da noi. I parlamenti devono fare politica parallelamente ai governi, quando questo equilibrio entra in crisi o si sbilancia da un lato, si registra sempre una crisi di sistema. Pensiamo quanto caratterizzante sia stato il contributo, soprattutto in politica estera, di uomini e donne che non sono mai stati nei governi o addirittura in maggioranza.
Qual è la strategia del governo sul Mediterraneo?
Le rispondo sintetizzando quanto detto fino ad ora: la stabilità nel Mediterraneo è tutto, da essa dipendono gli equilibri del mondo. Questa è la priorità: riservarci un posto in prima fila nelle varie fasi che speriamo conducano alla normalizzazione dell’area. Bisogna esistere, bisogna contare.