Quasi a rappresentare la partita che in questi giorni si sta per iniziare, quella che si giocherà il 4 marzo alle urne, tre protagonisti della comunicazione politica si sono scambiati, ieri, battute, opinioni e qualche autocritica durante la presentazione del libro di Alberto Di Majo, giornalista del Tempo esperto (e appassionato) di comunicazione politica, che nel suo “Love Politik” (Castelvecchi) ha analizzato la mutazione nella comunicazione dei partiti – “Quando la politica diventa marketing”, si legge nel sottotitolo – concentrandosi poi sul caso del Movimento 5 Stelle.
Nella cornice della libreria Feltrinelli Red di Roma, scelta espressamente dall’autore, erano presenti Antonio Palmieri, responsabile storico delle campagne elettorali di Forza Italia, Michele Anzaldi, più volte accanto a Francesco Rutelli sia nella campagna elettorale del 2001 che negli incarichi successivi, e Augusto Rubei, responsabile della comunicazione di Luigi Di Maio, già responsabile della campagna che ha portato al Campidoglio Virginia Raggi.
Cosa è successo, allora, nella comunicazione politica? Com’è cambiata in questi ultimi anni? Lo spiega, anche se brevemente – per dare maggior spazio agli ospiti – l’autore del libro. “Per scrivere questo libro sono partito dall’idea che ormai la distinzione che abbiamo fatto tra mondo reale e mondo virtuale ha poco senso. Invece, sempre di più, il mondo virtuale è molto reale” e in un’epoca come questa, in cui non ci sono più appartenenze o idiologie, i partiti a ogni elezione devono lavorare sul consenso, perché c’è il cosiddetto “voto fluttuante”, di fornte a questo i partiti hanno messo in campo una serie di contromisure. “In questo spazio – spiega Di Majo – il Movimento 5 Stelle ha tentato di coinvolgere direttamente le persone, portando un marketing di ultima generazione in politica, declinandolo politicamente”.
Marketing, sentimenti, appartenenza. A sentir parlare sembra di trovarsi in un mondo sconosciuto, fatto di rappresentazioni, “frame comunicativi”, finché non si arriva agli esempi pratici. “Gli account social di Berlusconi, che nom sono chiaramente gestiti da lui, non gli servono, ma rappresentano la nuova discesa in campo del leader di una forza politica che esiste da 20 anni”, ha spiegato Antonio Palmieri, ricordando che Forza Italia è stata la prima forza a usare la stessa strategia di Barack Obama, creando delle newsletter personalizzate per gli utenti iscritti al sito forzasilvio.it. Bisogna capire a chi ci si rivolge, racconta Palmieri, e si fa sfuggire un obiettivo della campagna di Forza Italia: riconquistare quell’8,2% di elettori che nel 2013 votarono Monti.
La conversazione, moderata dalla giornalista Elisa Calessi, si è spostata poi su Michele Anzaldi, a cui non si è potuto non chiedere a cosa sia dovuto il successo di Gentiloni. “Il lavoro di squadra portato avanti negli ultimi cinque anni dal Pd – ha sottlineato Anzaldi -. Gentiloni ora raccoglie quello che è stato seminato negli anni passati”. E poi si lascia andare a un’autocritica. “La colpa di Renzi – sottolinea – è stta fare troppo in poco tempo senza riuscire davvero a comunicarlo”. Oggi, però, il Pd pare essere indietro nei sondaggi, ma c’è una ragione. “Noi – spiega il deputato Pd – non siamo ancora scesi in campo. Recupereremo”.
Augusto Rubei, portavoce di Luigi Di Maio, è l’ultimo a parlare e certamente il più sintetico. “I social – spiega Rubei – sono la quinta essenza dell’emozione” e se la comunicazione politica, come si legge nel libro di Di Majo, si è trasformata il love politik non si possono non considerare i social network in una campagna elettorale. “Il problema – spiega ancora Robei – è che i canali tradizionali e i nuovi sistemi di comunicazione ancora non comunicano”. Prima di occuparsi della comunicazione nazionale dei 5 Stelle, Rubei aveva seguito la campagna elettorale di Virginia Raggi a Roma. “Quando abbiamo scelto il claim ‘ Coraggio’, non ci siamo subito resi conto che la parola conteneva il suo cognome. Ce ne siamo accorti solo un attimo dopo, perché alcune cose succedono senza che si sappia davvero perché”.
La partita, quindi, è aperta e i giocatori sono in campo. Cosa succederà dopo l’ha anticipato, però, gianluca Comin introducendo il libro, di cui ha scritto la prefazione: “Le elezioni si vincono con il popolo, ma il Paese si governa con le élite”.
Per Formiche.net era presente anche Umberto Pizzi. Ecco le sue foto.
(Testo: Simona Sotgiu)
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