Si è svolta mercoledì 12 luglio la relazione annuale al Parlamento dell’Autorità dei Trasporti. Il suo presidente, Andrea Camanzi, ha parlato davanti ad una nutrita platea, composta da esponenti di vari partiti, da Gianni Letta a Pierluigi Bersani, passando per manager come Luca Cordero di Montezemolo.
La relazione di Camanzi si è soffermata sulle innovazioni che stanno interessando il mercato dei trasporti, favoriti dalle nuove tecnologie e dalla sharing economy. I colossi delle nuove tecnologie “contendono i mercati tradizionali con modelli di servizio innovativi”. Ecco perché occorre garantire la tutela della concorrenza.
A tenere banco, in particolare è stato il caso Flixbus, la compagnia tedesca di autobus low cost a cui era stata paventata l’imposizione di forti limiti, soprattutto in merito al rilascio delle autorizzazioni. Il problema è che Flixbus, per svolgere i suoi servizi, si serve di compagnie locali. A febbraio, un provvedimento promosso da alcuni parlamentari fittiani ha messo a rischio il business della compagnia, imponendole di dotarsi di autobus propri per conservare le autorizzazioni al servizio. Di fatto una eventualità che avrebbe costretto l’azienda a chiudere i battenti.
Ne è nata una lunga diatriba politica, culminata con una raccolta firme (oltre 60mila) contro la chiusura di Flixbus, e lo stralcio della norma. Sennonché quest’ultima è poi rispuntata a fine maggio. La legge tempo fino ad ottobre alla compagnia per mettersi in regola.
Camanzi, sul punto, ha provato a tranquillizzare tutti. “Non bisogna avere paura del nuovo” ha detto nella sua relazione. Ribadendo che “il Parlamento è sovrano” ha aggiunto che “Il Ministero dei trasporti sta lavorando sulla questione”. Anche il Ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha assicurato sulla chiusura di Flixbus: “Non ci sarà”.
Resta il fatto che il tema dei trasporti, specie in relazione alla sharing economy (quindi anche Uber), “è da regolare in modo positivo” ha detto Comanzi. No alla deregulation, quindi ma neanche creazione di monopoli, “magari digitali”.
Foto di Stefano Carofei/ImagoEconomica