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Chi sono i “Liberi e uguali” di Pietro Grasso. Foto di Pizzi

Massimo D'Alema Bobo Craxi
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Grasso, D'alema
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Alla fine è la platea dell’Atlantico live a sciogliere il nodo del nome della nuova lista unitaria Mdp-Si-Possibile che punta a recuperare io voti dei delusi del centrosinistra. Quando Pietro Grasso, leader o quanto meno uomo immagine della nuova formazione conclude il suo intervento all’assemblea nazionale scandendo per tre volte la frase “liberi e uguali”, i militanti si sciolgono in un applauso liberatorio.

Poi arriva dagli altoparlanti la canzone “Dedicato a chi”, del non troppo famoso cantautore Lelio Morra: “Niente dà libertà più di essere se stessi”, canta, quasi a sottolineare che solo fuori dal Pd, finalmente, bersaniani e d’alemiani (che qui pesano per il 50 per cento dei “delegati”) possono ritrovare la loro identità. “Il simbolo non sarà quello delle tre vele” usato in questa occasione, dicono gli organizzatori, ma sul nome il dado – anche se non ufficialmente – sembra tratto. L’assemblea è stata un successo di popolo: sono rimaste centinaia, forse migliaia di persone fuori dal piccolo palazzetto. Quanto basta per far dire a Massimo D’Alema, interpellato dai cronisti, che “sì”, il 10% è più vicino. Ma piccola nota di demerito per gli organizzatori, che ha costretto prima Nicola Fratoianni di Sinistra italiana e poi lo stesso Grasso a scusarsi con gli esclusi, che sbirciavano il palco attraverso le porte rimaste aperte.

Il presidente del Senato, come gran parte degli interventi, dall’operaia della Melegatti Laura Tarantini al medico-simbolo dell’accoglienza ai migranti a Lampedusa, Pietro Bartolo, non ha nominato direttamente Matteo Renzi. Ma un paio di passaggi polemici li ha dedicati a chi non ha apprezzato la sua scelta di campo e a chi cerca di ridimensionare la portata del nuovo progetto politico.

Dopo le dimissioni dal gruppo del Pd, ha raccontato, “ho ricevuto molte telefonate, ascoltato tante persone, mi hanno offerto seggi sicuri, mi hanno chiesto di fermarmi un giro, di fare la riserva della Repubblica. Mi dispiace, questi calcoli non fanno per me”. Quanto al ritornello della prossima campagna elettorale del Pd, tutto fondato sul recupero del “voto utile contro destre e populisti”, “non lasciamoci intimorire” dice: “L’unico voto utile è quello che costruisce una rappresentanza democratica per portare in Parlamento le speranze e i bisogni di quella metà d’Italia che non vota”.

Con la sua storia indiscutibile di magistrato antimafia, il problema di Grasso è costruire un profilo più “politico”, legato ai contenuti di sinistra. Per questo parla molto di lavoro e di welfare “per tutti” e propone, come fulcro dell’identità della nuova formazione politica, l’articolo 3 della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che limitano di fatto “la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”. Per Grasso “dice tutto quello per cui vale la pena lottare”.

Con Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Nichi Vendola leggermente più defilati nel fermo immagine della futura lista, tocca ai “giovani” leader dei tre partiti contraenti del nuovo patto elettorale provare a disegnare il profilo della nuova forza.

Per Civati, che dedica una battuta al leader di Campo progressista Pisapia, “Giuliano, dove Ca…mpo vai con Alfano”, bisogna riscoprire laicità e uguaglianza, “parole antiche, non vecchie”. Fratoianni rassicura sul pericolo nostalgia e mette paletti sulla leadership: “La radicalità di cui abbiamo bisogno – avverte – non è affare della cosa rossa o di questa o di quella personalità”. Applauditissimo Speranza, “siamo il movimento del lavoro, parliamo dello sfruttamento, la parola precarietà non basta più”, afferma. E chiude la porta definitivamente al discorso alleanze di centrosinistra: “Se qualcuno pensa a stampelle e liste civetta guardi da un’altra parte”.

(Testo: Askanews)
Foto (c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata


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