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Calenda e D’Alema leggono il libro di Polito. Foto di Pizzi

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Massimo D’Alema e Carlo Calenda sotto il tetto della Galleria Alberto Sordi. Occasione? La presentazione del libro di Antonio Polito, “Il muro che cadde due volte” (Solferino Edizioni). Durante la presentazione, moderata dalla giornalista di Rai 3 Bianca Berlinguer, il “mea culpa” di Calenda: “Quando leggevo Alesina e Giavazzi che scrivevano che non è importante salvaguardare i posti di lavoro, ma il lavoro, dicevo ‘che fico’. Ora ho capito che sono solo cazz…”, ha detto l’ex ministro.

Ieri, ha ricostruito l’Huffington Post – “il parlamentare europeo ha manifestato sotto al Mise insieme agli operai della ex-Embraco per chiedere chiarezza sul piano industriale della nuova proprietà, gli italo-cino-israeliani della Ventures. Sotto al ministero Calenda è stato più volte interrotto e contestato da un lavoratore presente, che lo ha accusato di avere ‘409 lavoratori sulla coscienza’. Calenda lo ha invitato a tacere: ‘Senza di me – gli ha detto – eravate tutti licenziati’.

Ma il mea culpa arriva la sera, proprio durante la presentazione del libro della firma del Corriere della Sera. “Calenda torna sulla manifestazione per i lavoratori della ex Embraco. ‘Oggi vengo da cinque ore al ministero dello Sviluppo, per una volta non sopra ma sotto. La Embraco è un’azienda di straordinaria capacità. Gli operai sono i migliori. A un certo punto l’azienda gli dice di andare a fare training agli operai slovacchi. Loro ci vanno, ma intanto chiedono: ‘Mica chiuderete e vi trasferite?’. E quelli assicurano che no, non lo faranno. Ma poi gli chiudono la fabbrica’”.

“Una delle più grandi cazzate che abbiamo raccontato è che non si salvano i posti di lavoro, ma si salva il lavoro. Per cui pensiamo che un operaio di cinquant’anni che ha passato la vita a fare impianti può andare a lavorare nell’economia delle app. Queste cazzate le abbiamo sostenute, io le ho sostenute, per 30 anni. E poi dice che vincono i sovranisti…”. ha proseguito l’ex ministro e ora europarlamentare. “Bisogna ricentrarsi su un liberalismo di metodo. La democrazia liberale deve recuperare il pragmatismo. E se la società va meno veloce del progresso, la società salta per aria”.

Il paradigma di riferimento deve essere il liberalismo sociale, spiega Calenda. “Io per 30 anni ho ripetuto tutte le banalità che si sono dette nel liberismo economico. Quando Giavazzi e Alesina scrivevano sul Corriere che non bisognava salvaguardare il posto di lavoro ma il lavoro, io dicevo ‘oh che gran figata’. Poi quando ho avuto davanti l’operaio dell’Embraco ho capito che era una gran cacchiata”.

Alla presentazione era presente Umberto Pizzi. Ecco tutte le foto.

(c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata


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