Alla camera ardente per Eugenio Scalfari, allestita nella sala della Protomoteca al Campidoglio (la stessa in cui si terranno i funerali oggi), tra i primi ad arrivare c’è Sergio Mattarella, accolto dalle figlie del fondatore di “Repubblica”, Donata ed Enrica, affiancate dal nipote Simone. Poco dopo è arrivato anche Mario Draghi, e dopo l’apertura della sala sono passate centinaia di persone per salutare il giornalista, morto a 98 anni. A fare gli onori di casa anche il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessore alla Cultura Miguel Gotor.
Non mancavano l’attuale direttore, Maurizio Molinari, l’editorialista Stefano Folli, il direttore de “L’Espresso” Lirio Abbate e gli ex Tommaso Cerno e Bruno Manfellotto, con i colleghi Giovanni Floris e Pierluigi Battista. In prima fila John Elkann, amministratore delegato di Exor, attuale editore di “Repubblica”, nonché nipote dello storico editore, Carlo Caracciolo.
Luciana Castellina, 92 anni, ricorda a “Repubblica” di quando «presentai Scalfari a Togliatti». Una cena, storica e segreta. «C’erano anche Simonetta Scalfari e Nilde Iotti. Era stato Togliatti a chiedermi di presentargli Eugenio, quel giornalista, tra i pochi, che superando la cortina di ferro della società italiana frequentava anche noi comunisti. Siamo rimasti amici fino all’ultimo. Una volta gli ho regalato un Corano, per ricordargli che non esisteva soltanto l’Occidente. Non credo l’abbia mai letto»
Tra i politici, Piero Fassino, Nicola Zingaretti, Enrico Letta, Laura Boldrini e persino Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, vice presidente della Camera e storico esponente della destra romana. Ha raccontato a “Repubblica”: “Al liceo andavo con il Secolo d’Italia e la Repubblica in tasca. Perché Repubblica era un quotidiano giovane e curioso, si è guastato col crescere. Era una figura prismatica con tante sfaccettature. Un protagonista della storia italiana anche se aveva idee opposte alle mie. Apprezzai da ragazzo talune inchieste sulla nuova destra nascente in Italia e le sue aperture verso la Nouvelle Droite francese, era curioso di capire se sarebbe mai nata in Europa una destra senza torcicollo. Ricordo un monumentale articolo che sembrava scritto da noi sul ritorno della destra studentesca a Valle Giulia e l’editoriale di Giuliano Ferrara sull’uccisione di Paolo Di Nella, per noi rappresentò la fine di un incubo, una guerra civile strisciante e mai dichiarata che ci vedeva sempre discriminati.”