Il vento soffia contro, tra postumi della crisi e dazi americani. Ma l’agroalimentare italiano continua a navigare a vele spiegate, alimentando il Pil italiano. Nessuna affermazione azzardata, solo i numeri messi nero su bianco dal Rapporto sulla competitività del settore agroalimentare, presentato questa mattina a Palazzo Wedekind in un evento di cui Formiche era media partner, alla presenza di numerosi esponenti del comparto.
Tra questi, oltre al presidente e al dg di Ismea, Enrico Corali e Raffaele Borriello, (in foto), il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, della Cia agricoltura, Dino Scanavino, di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, insieme al presidente della commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella e al ministro per le Politiche Agricole, Gian Marco Centinaio.
Tradizionalmente è uno dei settori chiave dell’economia italiana (il Bel Paese è tra gli Stati più agricoli d’Europa) ma non per questo immune dalle tempeste globali, anzi, ci sono parecchie cose da aggiustare. In ordine sparso, negli ultimi anni l’agroalimentare è riuscito benissimo nel tenere la schiena dritta. La prova? Nei numeri. Partendo dal valore aggiunto, che nel 2017 ha raggiunto i 60,4 miliardi, grazie a un esercito di oltre 800mila imprese e collocandosi ben sei punti percentuali sopra il livello pre-crisi (2007). Tutto questo consente oggi al comparto agroalimentare tricolore di incidere sul Pil con una quota del 13,5%, di esportare prodotti in giro per il mondo per un controvalore di 41 miliardi (record storico) e soprattutto dare lavoro a 1,3 milioni di persone (tra il 3 e il 3,4% il tasso di crescita dell’occupazione nell’agroalimentare dal 2007 a oggi).
Ma è scavando nel rapporto che emergono i numeri più interessanti e che soprattutto danno la cifra della tonicità del settore. Un dato su tutti, quello della produttività. Negli ultimi dieci anni (2007-2017) il comparto agricolo ha registrato un aumento del 5,5% a dispetto di una contrazione generale dell’economia italiana, spalmata su dieci anni, del 4,1%. Buona tenuta anche per l’alimentare, la cui produttività ha messo a segno una crescita del 3,6%. Tutto questo però non sarebbe stato possibile senza un robusto stock di investimenti da parte degli imprenditori della filiera.
(Foto di Umberto Pizzi – riproduzione riservata)