“La Repubblica ha l’obiettivo di colmare le fratture che si aprono nella società. Chi detesta la democrazia, invece, vuole che le fratture si allarghino, che diventino conflitti insanabili, che seminino paure e rancore; che la Costituzione divenga irrealizzabile”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando l’assassinio, venti anni fa per mano delle Brigate Rosse, del giuslavorista Massimo D’Antona, cui oggi è stata intitolata un’aula dell’Università La Sapienza. Insieme a Mattarella, il rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio, il leader della Cgil Maurizio Landini e la vedova Olga D’Antona.
Ucciso, ha sottolineato il Capo dello Stato, perché lavorava “per attuare la Costituzione”. Mattarella ha ricordato come “un gruppo, nei fatti ridotto a una banda di killer sanguinari, aveva eletto D’Antona a simbolo dell’azione riformatrice; e quindi della cultura democratica, che cerca di innervare le istituzioni. Con i suoi strumenti: gli studi, le ricerche, le proposte, la capacità di dialogo. Come Ezio Tarantelli e Roberto Ruffilli prima di lui. Come Marco Biagi, tre anni più tardi. Al di là delle loro idee – talvolta anche diverse – ai criminali importava ciò che li accomunava: il lavoro per attuare la Costituzione. Per coinvolgere le parti sociali, in un processo di ammodernamento del Paese sulla base dei principi di giustizia, di uguaglianza, di libertà. Proprio questo è quel che il terrorismo voleva distruggere: l’impegno per la coesione sociale”.
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