Poeta, intellettuale, drammaturgo e per alcuni collaboratore del KGB. È morto a 84 anni, il 1° aprile, Evgenij Evtushenko. Nato in Siberia il 18 luglio 1932, esordì a soli 20 anni con la sua prima raccolta di poesie, “Gli esploratori dell’avvenire”, diventando successivamente il più giovane componente dell’Unione Sovietica degli Scrittori.
La poesia divenne, dopo la morte di Stalin, un mezzo di espressione diffusissimo in Urss, ed è proprio a partire dagli anni del disgelo che Evtushenko guadagnò seguito e consensi, spingendosi a criticare gli eredi di Stalin.
Come ricordato sul Corriere della Sera, nel 1961 scrisse “Babij Yar, sul massacro degli ebrei di Kiev da parte dei nazisti nel 1941 nel quale denunciava anche l’antisemitismo che esisteva in Urss e venne accusato dai burocrati del partito di aver dimenticato i tanti caduti russi e ucraini nella stessa città. Si lanciò – si legge ancora – contro gli eredi di Stalin, affermando che la morte del dittatore non bastava per liberare la patria da quella gente. Ecco le sue parole quando la salma, che giaceva accanto a Lenin nel mausoleo sulla Piazza Rossa, venne rimossa: ‘L’abbiamo portato via dal mausoleo, ma come portare via gli eredi di Stalin?'”.
Le sue posizioni, però, non furono mai di rottura totale con il regime e per questo fu attaccato da altri poeti e dissidenti come Vladimir Bukovsky che disse di lui: “È il poeta ufficiale di tutti i disgeli fittizi”, o Josef Brodsky, che lo accusò di essere sempre rimasto nei limiti “accettabili” della protesta per il regime, si legge sul Fatto Quotidiano. E fu lo stesso Brodsky a sospettare che fosse un collaboratore del KGB, o perlomeno che avesse una certa flessibilità morale.
Ecco Evgenij Evtushenko in una selezione di foto di archivio firmate Umberto Pizzi.
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