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Ecco azioni e relazioni di Francesca Chaouqui “nel nome di Pietro”. Foto di Pizzi

Francesca Immacolata Chaouqui Corrado Lanino
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Corrado Lanino, Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
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Corrado Lanino, Francesca Immacolata Chaouqui
emanuela orlandi, Francesca Immacolata Chaouqui
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Francesca Immacolata Chaouqui e Lucio Ángel Vallejo Balda
Francesca Immacolata Chaouqui
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Francesca Immacolata Chaouqui e Lucio Ángel Vallejo Balda
Francesca Immacolata Chaouqui
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Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
vaticano Francesca Immacolata Chaouqui
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Francesca Immacolata Chaouqui
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Francesca Immacolata Chaouqui
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vaticano Francesca Immacolata Chaouqui
vaticano Francesca Immacolata Chaouqui
vaticano Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui
Francesca Immacolata Chaouqui

Parla di Vatileaks 2, ma non solo, il libro scritto da Francesca Immacolata Chaouqui in uscita oggi per Sperling & Kupfer e intitolato “Nel nome di Pietro”. Chaouqui, infatti, è stata la protagonista della fuga di notizie riservate sulle finanze vaticane nel novembre del 2015, assieme a monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda (condannato a 18 mesi e a cui il Papa ha concesso la libertà condizionale), Nicola Maio (collaboratore di Balda, poi assolto) e i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi che, con le informazioni riservate, hanno pubblicato rispettivamente i libri Via Crucis (Chiarelettere) e Avarizia (Feltrinelli) entrambi prosciolti dalle accuse.

Chaouqui, già componente della Commissione referente sulle attività economiche della Santa Sede (il COSEA), era stata condannata a 10 mesi di reclusione, pena che è stata sospesa. Ora, dopo il processo e dopo aver avuto un figlio (chiamato Pietro), arriva un libro in cui la “papessa” – come taluni nelle redazioni l’avevano ribattezzata – racconta retroscena, racconti e dettagli dello scandalo, come ha scritto il vaticanista di Repubblica, Marco Ansaldo, lo scorso 5 febbraio sul quotidiano diretto da Mario Calabresi.

Ecco l’articolo intitolato “Minacce, spie spagnole e quei festini in garage la Vatileaks di Chaouqui” e tutte le foto (firmate Umberto Pizzi) di Francesca Immacolata Chaouqui.

La prima immagine forte arriva quasi subito. Un Papa insolito, visto da vicino. Perché dietro la fotografia umile e gentile scattata solitamente dai media, Jorge Bergoglio rivela anche qualcos’altro. «Forza. Una forza dirompente che viene da dentro, e che può trasformarsi in durezza. E un’intelligenza tagliente dietro lo sguardo benevolo. Con quest’uomo non c’è da scherzare, penso». Non è un sognatore o un utopista l’argentino che si presenta al mondo. Ma un guerriero.

Parte spedito il libro di Francesca Immacolata Chaouqui (Nel nome di Pietro, in uscita il 7 febbraio presso Sperling & Kupfer, p. 288), l’unica donna, la più giovane componente, la sola italiana della Cosea. Cioè la Pontificia commissione di studio e indirizzo, incaricata dal nuovo Pontefice di riorganizzare la struttura economica della Santa Sede. Organismo che si trova in breve al centro di scandali e tensioni. E dalle cui divulgazioni di notizie interne nascono lo scandalo Vatileaks2 e il mega processo in Vaticano.

Dura soli dieci mesi la controversa Cosea, e Bergoglio decide infine di sopprimerla. C’è qualche esagerazione forse quando l’autrice afferma che «poco dopo essere salito al soglio pontificio, Papa Francesco riceve un documento riservato: sono i bilanci degli enti economici della Santa Sede. È allora che capisce il vero motivo delle clamorose dimissioni del suo predecessore, Benedetto XVI». Dietro la dolorosa rinuncia di Joseph Ratzinger al pontificato, questione ancora non sufficientemente indagata, c’è qualcosa di probabilmente più grande e complesso, cui hanno contribuito svariati fattori. Ma non c’è dubbio che la finanza vaticana sia materia incandescente, e il suo dissesto uno dei problemi maggiori incontrati da Bergoglio al suo arrivo.

Le pagine si rivelano così piene di retroscena, raccontati con piglio avvincente e una sapiente mano di editing. Ma i dettagli sono innegabili. Troppi i litigi, le diffidenze, gli interessi opachi, colti fra gli 8 commissari internazionali che si guardano con sospetto, spedendosi mail di fuoco, qui puntualmente riportate, e appena attutite dalla vischiosità delle parole e dai toni felpati in uso nella Casa. Cos’hanno in mente, davvero, il maltese Joseph Zahra che finisce per favorire il connazionale segretario personale del Papa, la “sfinge” George Yeo ex ministro degli Esteri di Singapore, e l’abile francese Jean-Baptiste de Franssu destinato a diventare presidente dello Ior? Si evincono gli intenti nascosti. Ma emerge, soprattutto, la durezza del Vaticano. Quel volto quasi mai conosciuto dai fedeli. Dice a un certo punto Riccardo Gotti Tedeschi, figlio di Ettore, ex numero uno dell’Istituto per le opere di religione, all’amica Francesca: «Penso che hai solo trent’anni e sei una donna. Quanto puoi resistere là dentro prima che ti facciano fuori? Un mese? Due?». Ci sono i colloqui freddi con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, e un suo commento rivelatore: forse siete troppo esterni.

Poi lo spettro si allarga agli scandali. Buoni benzina oltre ogni limite, tabacco e sigarette acquistati a iosa a nome di prelati, l’Obolo di San Pietro dove finiscono in parte le elemosine dei bravi fedeli descritto come «un enorme buco nero» nelle uscite, rileva la ex commissaria. E il volto peggiore della Curia si palesa sulla sua scrivania: dossier anonimi con orge di alcol e cibo, gli indirizzi dei garage usati per gli appuntamenti segreti, i pied- à- terre disseminati a Roma e usati dai religiosi per incontri clandestini. Documenti che arrivano alla Commissione o per fare pulizia o per vendetta. E, naturalmente, lo scontro tra Chaouqui e monsignor Lucio Vallejo Balda, il segretario della Cosea che l’ha proposta in commissione, ma che finisce per assumere toni moralizzatori giudicati eccessivi, e porta addirittura spie spagnole fra le Mura, come si legge nelle carte pubblicate in appendice.

Francesca Chaouqui ha forse scritto meno di quello che conosce. Il nome di Pietro, come battezzerà il figlio nato dopo la sua condanna a dieci mesi (pena però sospesa), sembra un prologo, benché zeppo di interpretazioni. Resta tanto da scoprire, ancora, sui segreti immensi del Vaticano.”

(Foto Umberto Pizzi e Imagoeconomica – Riproduzione riservata)

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