Il Csa, gremito per accogliere il vicesegretario di Stato americano John Sullivan. Erano presenti rappresentanti diplomatici come Ofer Sachs e Yevhen Perelygin, rispettivamente ambasciatori in Italia di Israele e Ucraina, la vice-capo missione Usa Kelly Degnan, ma anche dirigenti aziendali come Gioia Ghezzi (presidente di Gruppo FS), Luca Lanzalone (presidente Acea) e Lapo Pistelli (vicepresidente Eni).
Sullivan, nel corso del suo intervento ha difeso la dottrina Trump in politica estera, pur riconoscendo qualche limite, come la mancata nomina di un ambasciatore a Bruxelles, e ha ripercorso le sfide che vedono all’estero Italia e Stati Uniti impegnati su un fronte comune.
Ha inoltre preferito rimanere cauto sulle indagini del procuratore Robert Mueller sulle interferenze russe nelle elezioni americane. E per quanto riguarda il pericolo incombente sulla tornata italiana del 4 marzo, il vicesegretario, che lunedì mattina ha incontrato, fra gli altri, il ministro degli Esteri Angelino Alfano, ha detto: “I miei interlocutori sono tranquilli. Sono cauti ma ottimisti, le elezioni saranno libere”.
Sulla questione della Corea del Nord ha voluto, però, precisare che Washington non ha alcun interesse a detronizzare Kim Jong-un con un cambio di regime, né tantomeno ad un processo di unificazione, perché “spetta ai coreani decidere”.
Infine molto netta e chiara è stata anche la sua dichiarazione riguardo la decisione di Trump su Gerusalemme capitale: “Riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele non è stato altro che “il riconoscimento di un dato di fatto”. Lasciando comunque una porta aperta alla Palestina purché i palestinesi “tengano alta l’attenzione sul processo di pace”.
(Foto Umberto Pizzi – riproduzione riservata)