“Giulio Andreotti fu uomo di elité che seppe farsi amare dal popolo. O meglio, fu consapevolmente capace di tenere assieme la ragion di Stato con la ragione dei cittadini, con il consenso”.
Queste le parole del vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, che ha aperto i lavori del convegno “Andreotti, il patrimonio politico di un padre della Repubblica – Analisi storica e politica a 100 anni dalla nascita dello statista” presso la sala Aldo Moro della Camera.
Nel ricordare le tappe principali della sua lunghissima carriera Carfagna ha definito Andreotti “un pezzo di storia italiana del Novecento”. “Faccio fatica a capire come si possa governare questo Paese senza conoscere quella storia, i suoi valori e anche i suoi errori. Chi vede la politica come un insieme di tweet non può capire sino in fondo la sua complessità. I cosiddetti leader del cambiamento non possono pensare che tutta quella storia, prima di loro, sia solo ignominia. Ci sono leadership che non possono essere lette solo in modo caricaturale: la lezione di Andreotti è carica di significati da approfondire. Quale che sia il giudizio su di lui, quello che è certo è che è stato un protagonista assoluto del nostro Paese, dal ’45 ai primi anni ’90, in politica interna come in quella estera”.
“Qualcuno lo ha paragonato al celebre Mr. Wolf, quello che risolveva i problemi. Ma per me Andreotti è il popolano romano, con la sua concretezza, la sua tenacia, ma anche il suo disincanto e la sua ironia. Popolano romano, che ha creato la civiltà, ha sopportato i barbari in epoche remote, ma anche nei tempi recenti…”. Così Gianni Letta intervenendo al convegno. “Sette volte Presidente del Consiglio – elenca Letta – 27 volte ministro, persino consigliere comunale a Roma nel ’76, fu il più giovane ministro dell’Interno della storia della Repubblica. Tuttavia non mise mai un giubbotto della Polizia…”.
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