“L’Europa che verrà, possibilmente”. Questo il titolo della Lectio Magistralis tenuta da Romano Prodi il 5 maggio scorso all’Istituto Luigi Sturzo, in occasione delle celebrazioni dei Sessanta anni dei Trattati di Roma.
Introdotto dal presidente dell’Istituto Nicola Antonetti, Prodi è stato ascoltato da una platea composta, fra gli altri, da Piero Fassino, Luca Zingaretti e Arturo Parisi.
“L’euro è il primo caso della storia che ha rotto lo schema del trattato di Westfalia e dello Stato moderno”, e “i primi anni ha funzionato benissimo, con la Cina che ha cominciato a comprare”. Poi però è arrivata la crisi economica, e “il discorso teorico dell’austerity ha bloccato tutto”. Ma nonostante la Brexit, e il fatto che “mezzo mondo guardava l’Europa con occhiali britannici”, “siamo ancora i più grandi esportatori del mondo, e protagonisti, potenziali, dell’economia mondiale”: “Il flusso di traffico oggi tra Europa e Cina è superiore a quello con gli Stati Uniti – ha osservato Prodi – e la scelta di Gentiloni di andare a Pechino, nel prossimo summit dei 28, è assolutamente strategica”.
Malgrado accada che, guardando non fuori ma dentro l’Europa, “nella mente degli elettori europei il dibattito all’interno di un partito è visto come negativo”. Questo vale “per tutti i nuovi movimenti: Spagna, Italia, Francia”, con “un senso dell’autorità straordinariamente nuovo nella vita dei nostri paesi. È bene sottolinearlo”. Ed è impossibile qui non vedere un riferimento al M5S di Beppe Grillo.
Continua a leggere qui l’articolo di Francesco Gnagni su cosa ha detto Prodi durante la Lectio Magistralis.
(Foto di Umberto Pizzi-riproduzione riservata)