Accompagnare chi in prima persona deve affrontare una malattia grave, fare comunità e sostenerne il percorso per renderlo, per quanto possibile, meno doloroso. Se ne è parlato questa mattina presso l’ex casa Gil di Trastevere, dove la Regione Lazio e la quinta commissione Cultura, Sport, Spettacolo e Turismo hanno organizzato un dibattito istituzionale con medici, esperti, persone con emofilia e il presidente della commissione Pasquale Ciacciarelli.
Al centro dell’evento, la terza edizione del premio Roche #afiancodelcoraggio (qui le foto di Umberto Pizzi della serata di presentazione, lo scorso 24 ottobre), la rassegna con cui la società farmaceutica mira a sensibilizzare le persone sulle malattie rare e mira a sottolineare l’importanza del dialogo nel momento più fragile della persona, quale è la malattia. L’ultima edizione, appena conclusa, è stata dedicata proprio a quegli uomini, mariti, compagni, figli, cugini, fratelli o nonni, non ha importanza il rapporto di parentela, che sostengono e aiutano i ragazzi con emofilia. Storie di coraggio insomma, quello di chi affronta la malattia e di chi accompagna nella malattia, per far comprendere che non si può lasciare solo chi sta vivendo questo percorso, ma che tutta la comunità può aiutare e sostenere.
L’appuntamento di oggi è stata l’occasione per fare il punto sull’emofilia, una malattia rara. Una delle istanze più importanti per il ragazzi con emofilia è praticare lo sport. Il dottor Luciani, ematologo di fama dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù ha precisato che gli emofilici non solo possono, ma dovrebbero praticare sport fin da bambini e continuare da adulti perché l’attività fisica rinforza la muscolatura, aumenta la stabilità delle articolazioni e riduce il rischio di traumi e sanguinamenti e infine tiene sotto controllo il peso (leggi l’articolo completo).
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