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Amato, Barone, Bray, Calenda, Ciocca e Dassù discutono dell’Italia di domani alla Treccani. Foto di Pizzi

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Massimo Bray
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Marta Dassù, a destra
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Pierluigi Ciocca e Marta Dassù
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Massimo Bray, Vincenzo Barone e Giuliano Amato
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Carlo Calenda
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Carlo Calenda
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Marta Dassù e Carlo Calenda
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Vincenzo Barone e Giuliano Amato
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Carlo Petruccioli
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Pierluigi Ciocca
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Pierluigi Ciocca e Carlo Petruccioli
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Giuliano Amato e Pierluigi Ciocca
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Giuliano Amato
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Giuliano Amato
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Giuliano Amato e Marta Dassù
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Massimo Bray e Marta Dassù
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Massimo Bray
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Amato e Bray

Il nuovo governo è lungi dall’essere formato, ma per molti osservatori è già tempo di pensare a dove mettere le mani una volta che l’esecutivo vedrà la luce. Ieri, nella cornice dell’Enciclopedia italiana a Palazzo Mattei si è tenuto il dibattito Idee per l’Italia di domani, alla presenza, tra gli altri, del direttore generale della Treccani, Massimo Bray, del direttore della scuola Normale Superiore, Vincenzo Barone, dell’economista Pierluigi Ciocca e della direttrice di Aspenia, Marta Dassù. Ospite il ministro dello Sviluppo uscente, Carlo Calenda mentre le conclusioni sono state affidate al giudice della Corte costituzionale ed ex premier, Giuliano Amato.

L’incontro, che è stato anche l’occasione per presentare il think tank Agenda – Rethinking european democracy, ha mosso dalle considerazioni di Massimo Bray, ex ministro della Cultura nel governo Letta. “Dobbiamo capire che cosa intendiamo quando parliamo di nuova Italia, quando parliamo del domani. Io personalmente parto dal paesaggio, dal turismo, dal valore dei beni culturali. Leve su cui troppo spesso mancano politiche adeguate. Un vero peccato perché se penso al domani mi viene in mente una classe dirigente che possa davvero essere attenta a queste tematiche. Penso che da questo dobbiamo ripartire, dalla centralità della cultura”. L’unico modo, è stato il messaggio di Bray “di avere un’idea di Paese che ora non vedo”.

La visione di Bray è stata sostanzialmente condivisa anche da Vincenzo Barone, per il quale la ripresa del Paese passa indubbiamente “attraverso la cultura. Ma in una chiave più tecnologica, che possa portare il patrimonio culturale nell’era 4.0. Beni culturali, paesaggio e qualità della vita possono essere i campi privilegiati dove le nuove tecnologie possono trovare terreno fertile. L’Italia del domani è anche questo, una valorizzazione del nostro patrimonio con metodi tecnologici. Serve un Paese che si renda conto di questo, della necessità una volta tanto di investire nella nostra storia”.

Foto di Umberto Pizzi – Riproduzione riservata



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