Interrogatorio fiume per la sindaca di Roma Virginia Raggi, l’arrivo nella caserma di Polizia del Polo Tuscolano intorno alle 14, e poi circa otto ore di domande da parte del procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Francesco Dall’Olio. Le loro domande non riguardano più soltanto il presunto abuso d’ufficio e falso che la sindaca del M5S avrebbe commesso nominando il fratello del suo ex capo di Gabinetto Raffaele Marra, ancora agli arresti per corruzione, a capo del dipartimento Turismo. Da qualche giorno sarebbe, infatti, all’attenzione dei pm la notizia che l’attivista del M5S Salvatore Romeo, successivamente scelto da Raggi come capo del suo staff di sindaca, avrebbe indicato Raggi come beneficiaria di una sua polizza vita da circa 30mila euro. Dal 2013 in poi, per di più, Romeo avrebbe investito circa 100mila euro su una decina di polizze vita che avevano come beneficiari non solo parenti, ma anche anche attivisti di M5s.
Romeo, lo stesso che fu fotografato con la Raggi sul tetto del Campidoglio a chiacchierare, secondo alcune indiscrezioni, al riparo da cimici e orecchie indiscrete, che cosa intendeva assicurarsi con quelle polizze? Era forse una strategia di lungo periodo quella costruita a colpi di benefici addirittura post-mortem?
L’Espresso e il Fatto lanciano queste domande online in contemporanea, quando Raggi è nel mezzo dell’interrogatorio. Nel M5S romano questo suona come l’ennesimo episodio della guerra dei dossier che mina la guida pentastellata del Campidoglio forse ancor da prima del suo stesso insediamento. Ieri, infatti, erano stati fatti circolare degli screenshot di una presunta chat interna che vedeva la sindaca, insieme al suo ex vicesindaco Daniele Frongia e a un gruppo di attuali consiglieri comunali e mini-sindaci, discutere sulla inadeguatezza dell’allora consigliere comunale M5S Marcello De Vito, sostenuto dalla parlamentare Robarta Lombardi, a correre come sindaco della Capitale. Oggi, alla pubblicazione del nuovo scoop, la poltrona della sindaca trema ancora più forte. Ma soprattutto si allentano ancora di più le maglie della squadra che fino ad oggi si è stretta, costi quel che costi De Vito compreso, intorno alla prima cittadina a protezione di quel progetto nazionale che vede il Campidoglio come trampolino per il M5S verso il Governo nazionale.
l capogruppo M5S capitolino Paolo Ferrara, all’uscita da Palazzo Senatorio, liquida gli scoop del pomeriggio come il modo dei giornali di “riempire le pagine”. Il consigliere Pietro Calabrese, a chi gli chiedeva se loro si fossero fatti qualche domanda sul rapporto Raggi-Romeo, risponde dicendo che il mestiere degli eletti “non è di fare l’ispettore Derrick”. Ma nessuno si lancia più nelle lunghe difese degli scorsi giorni, e affretta il passo il più possibile. Chi esce da Palazzo Senatorio con un sorriso serrato stampato sulla faccia è Marcello De Vito, il mancato sindaco e presidente dell’Assemblea Capitolina, che rivendica con chi gli chiede un commento al dossieraggio di cui è stato fatto oggetto, di continuare a pensare “alla tutela del M5S e a fare il mio ruolo come ho fatto in questi mesi e come farò anche domani”.
La domanda dei piani alti del movimento è se potrà sopravvivere a questo interrogatorio e a queste nuove rivelazioni, l’immagine scelta per Raggi come persona onesta ma giovane e inesperta, che ha sbagliato nelle prime nomine, si è scusata, e sicuramente riparerà nell’interesse della città. Si pensa a un lungo colloquio con Raggi e con il suo avvocato dopo la deposizione, per capire, in tempo reale, se la città e soprattutto la base grillina potranno reggere ancora a fronte delle nuove rivelazioni, o se sarà meglio staccare la spina prima di azzoppare tutto il movimento nella corsa verso Palazzo Chigi. Il piano “b” negato ieri da Grillo ora non c’è più davvero, la parola d’ordine è “controllo del danno”.
Testo: Askanews
Foto: Umberto Pizzi e Imagoeconomica – riproduzione riservata