Tutto iniziò nel maggio scorso quando Vittorio Feltri fu scelto come nuovo direttore di Libero al posto di Maurizio Belpietro, che fece sapere di essere stato “sollevato dall’incarico dall’editore”. I due lavoravano insieme alla redazione del quotidiano di proprietà del deputato Fi Antonio Angelucci dal 2010. A seguito del cambio di guardia Feltri venne accusato di essere diventato renziano a causa del suo endorsement per il Sì al referendum.
Venerdì 29 luglio Vittorio Feltri è comparso a pagina 3 del “sapido” giornale Il Fatto Quotidiano con una lettera indirizzata al direttore Marco Travaglio. Il motivo? Smentire di essere un “renziano di ferro”, come definito in un articolo pubblicato il giorno prima a pagina 14 del Fatto, “soltanto perché incautamente ho dichiarato che voterò Sì al referendum costituzionale”. Nel pezzo del Fatto si parlava dell’abbandono del giornalista Giampaolo Pansa da Libero causa renzismo del direttore Feltri. E se Feltri conferma che Pansa si sia dimesso, ammette anche che Pansa non gliene abbia parlato: “Si è rivolto direttamente all’amministratore di Libero. Ha fatto bene. Perché io non sono che il direttore editoriale, cioè non conto un tubo”. Ma poi Feltri vira sull’affare Belpietro e chiosa il presunto renzismo: “Quando si dice che Belpietro è stato cacciato perché antirenziano e io ripreso a Libero perché renziano, si prende un granchio. Perché, caro direttore, Renzi non l’ho mai visto se non in tv. Mentre so con assoluta certezza – roba che non si può smentire –che Belpietro si è scomodato ben due volte, partendo da Milano per Roma, allo scopo di recarsi a Palazzo Chigi dove ha incontrato il presidente del Consiglio in carica, con cui, in entrambe le circostanze, ha fatto colazione”.
IL CORSIVO DI DAMATO SULL’ULTIMA BARUFFA TRA FELTRI E BELPIETRO
(Foto: Umberto Pizzi e Imagoeconomica)