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Il dibattito senza fine sul timing della riduzione del Quantitative easing ha avuto un nuovo capitolo ieri sera in US con la diffusione delle minute dell’ultimo FOMC. Ai tempi (29-30 ottobre) il forte labour market report di ottobre non era ancora noto, e l’impatto dello shutdown sul ciclo ancora oscuro. Il fatto che si sia parlato apertamente della possibilità di ridurre gli acquisti in uno dei prossimi meeting ha disturbato un po’ il mercato: se non erano preoccupati allora, hanno ancora meno motivo di esserlo adesso.

FOMC, LE REAZIONI DEI MERCATI

Su questa base, un tapering a dicembre non sarebbe da escludere. A ciò, presumibilmente, si deve la chiusura negativa di Wall Street ieri sera.
Peraltro, negli ultimi tempi, più volte un peso eccessivo dato alle minute ha portato i mercati a sovrastimare la reattività del FOMC. E’ bene tenere a mente che una cosa è prendere in considerazione un provvedimento rilevante come il tapering dello stimolo, ed una cosa è tirare il grilletto.
I discorsi tenuti da Yellen e Bernanke negli ultimi giorni,  posteriori al FOMC di ottobre, restano informati alla cautela, per cui le minute non modificano granchè l’idea personale che ci vorrà una stringa di dati eccezionale per produrre un azione al meeting di dicembre.

ASIA

In ogni caso, l’Asia non ha gradito a sua volta il tono delle minute. Il sentiment generale ha subito l’impatto anche di un PMI manifatturiero cinese per ottobre in marginale calo (50.4 da prec 50.9 e vs attese per 50.8) e con gli export orders nuovamente in territorio di contrazione. La buona notizia è che il dato resta sopra la soglia di espansione e sopra la media del terzo trimestre (49.3) ad indicare accelerazione nel quarto.

Tra gli indici dell’area, tutti più o meno in negativi, spicca la controtendenza del Nikkey (+1.92%), galvanizzato da una serie di catalyst positivi:
– Il meeting BOJ si è concluso con policy invariata ma promesse di ulteriore easing all’occorrenza.
– Un comitato di esperti ha esortato il gigantesco fondo pensioni pubblico GPIF a ridurre la percentuale di bond in portafoglio e diversificare sui risk asset .
– Lo yen ha ceduto ulteriore terreno, anche grazie alla forza relativa del $, approcciando quota 101.

EUROPA

In Europa, ieri mattina era prevista la pubblicazione dei PMI flash di novembre. Se il dato manifatturiero è uscito in linea con le stime (51.5 vs precedente 51.3) quello dei servizi ha significativamente deluso (50.9 da prec 51.6 e vs attese per 51.9) marcando il secondo calo a fila. Geograficamente (per quel che si puo’ approfondire in questa fase) ne esce davvero male la Francia che vede le 2 serie perdere rispettivamente 1.3 e 2.1 punti, assestandosi significativamente sotto la soglia di espansione. Assai meglio la Germania, che batte le stime su entrambi i fronti.

Il dato flash composite per l’eurozone delude marginalmente (51.5 da precedente 51.9 e vs attese per 52). Si tratta di un livello coerente con una crescita simile a quella del terzo trimestre (0.1%). Il confronto tra i dati lascia immaginare letture poco brillanti per i paesi periferici, in particolare nel settore servizi, dove a fronte di una Germania che sale di 1.5 punti, il dato europeo perde 0.7. Vedremo i dati finali il 2 e 4 dicembre.

Ad attenuare l’impatto sul sentiment del fiasco sui PMI, il successo dell’asta spagnola, con il tesoro che ha piazzato agevolmente 3.5 bln di 3 anni a fronte di domanda vigorosa (2.5 volte la size emessa). Cosi, per una volta, le borse periferiche hanno outperformato quelle core, rimaste ostaggio dei dati. Meno evidente l’impatto sugli spread, che dopo un bel movimento sono tornati in linea coi valori di ieri (235 area sia per i BTP che per i Bonos).

STATI UNITI

In US il calendario macro era nuovamente affollato:

– I jobless claims hanno ben figurato, calando a 323.000 da 344.000 vs 335.000 attesi. Pur con l’incertezza dovuta alla giornata del veterano, si tratta di un dato che depone bene per i payrolls di novembre.
– Il PPI di ottobre continua a mostrare la consueta picture di disinflazione di origine commodities sul dato headline, e scarse pressioni inflazionistiche sul dato core. In generale dai prezzi alla produzione vengono pochi segnali di un accelerazione di quelli al consumo.
–  Il Philly Fed di novembre ha mostrato un calo significativo e inatteso (6.5 da prec 19.8 vs attese per 15). Se il dato di ottobre mostrava una forza sorprendente a fronte delle vicende dello shutdown, questo dato sembra indicare un tardivo riconoscimento dell’impatto. Il ridimensionamento è presente anche nei sottoindici, con i new orders che passano da 27.5 a 11.8 e l’employment che passa da 15.4 a 1.1.
Dopo l’Empire (NY) questa è la seconda survey regionale a deludere a novembre
Il quadro macro US diventa sempre più difficile da interpretare.

Giuseppe Sersale
Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr

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