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Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori il commento di Marco Bertoncini apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Tutto in fretta. Matteo Renzi deve dare l’impressione del decisionista a ogni costo, affinché le tante parole spese da quando è sceso in campo come rottamatore in servizio permanente effettivo non restino esercitazioni labiali. Per farlo ricorre perfino a qualche effetto mediatico, come la convocazione della segreteria all’alba, utile per un richiamo giornalistico doppio o triplo rispetto a quello che avrebbe ottenuto con una riunione indetta alle undici o nel pomeriggio.

L’ESIGENZA

Il dinamismo dimostrato negli incontri a palazzo Chigi e al Quirinale risponde a questa impellente esigenza. Il bussare subito per la riforma elettorale, con trasferimento della discussione a Montecitorio, serve sia a fornire l’immagine di un politico operativo, sia ad affrettare uno strumento senza il quale non potrebbe scassare il governo.

I FATTI

Tuttavia Renzi è ben conscio che tanto i cittadini (non pochi) che l’hanno votato, quanto quelli che seguono la sua attività (se non altro incuriositi da questo personaggio giudicato antipolitico e quindi potenzialmente popolare oltre i confini del Pd) chiedono fatti. Se le battute, le esternazioni, le minacce, le proposte, i progetti dovessero rimanere senza conseguenze pratiche, il sindaco di Firenze non potrebbe certo sperare di vincere la concorrenza di Beppe Grillo. Parole per parole, attraggono di più i vaffa del pentastellato.

Di qui l’esigenza, un po’ contraddittoria rispetto ai suoi piani, che il governo qualcosa realizzi, e urgentemente.

Qualche clamorosa riscrittura costituzionale, come sarebbe il passaggio del senato a un luogo di riunione di eletti regionali. Qualche legge ordinaria, come sarebbe la soppressione (senza infingimenti) dell’odiato finanziamento pubblico ai partiti.

La fregola infruttuosa di Renzi

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