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Pubblichiamo il commento uscito oggi su l’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

In politica è del tutto inedito che, chi resta, tenda la mano a chi se ne va. Ma la scelta a sorpresa di Silvio Berlusconi di non riservare allo scissionista Angelino Alfano lo stesso durissimo trattamento già inflitto, nell’ordine ultimo di strappi, agli alleati Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Umberto Bossi, è fondata su un paio di pragmatiche ragioni.

La prima è che, piaccia o no, l’arrivo di Matteo Renzi sulla scena già occupata da Enrico Letta, cioè la doppia novità nel centro-sinistra, si sta riflettendo anche sul centro-destra. E per quanto la leadership del Cavaliere appia indiscussa ai più, è evidente che pure nell’ex Pdl qualcosa si muova. Il ritorno a Forza Italia da parte dell’ala cosiddetta lealista al Cavaliere può, dunque, essere distinto, ma non certo distante dalla nascita del Nuovo Centrodestra da parte dei cosiddetti governativi. Tant’è, che il leader pur ferito dall’addio di Alfano, ancora ne parla come di un figliol prodigo. E la prima conseguenza di questa divisione degli affetti nel partito, è l’inevitabile meccanismo che ora s’apre anche nel centro-destra alla ricerca del candidato perduto, ma non perdente, domani.

Se stavolta Berlusconi non ha sbattuto la porta ai dissidenti lasciandola, al contrario, socchiusa, è perché sa che l’influenza sul governo per interposto Alfano è la più forte carta politica che possa tuttora giocare. Anche se lui, il Cavaliere, si prepara a un’opposizione dura e pura, specialmente se sarà dichiarato decaduto dal Senato, come i numeri lasciano supporre. Avremo, così, un centro-destra diviso in due, di lotta e di governo. Avremo, forse, il già ribattezzato “esecutivo delle piccole intese”, sostenuto con quella parte del centro-destra che lo stesso centro-destra considera, ancora, “alleata”.

Ragioni personali, politiche, giudiziarie (altre inchieste sono aperte), tutto, insomma, spinge il paradosso di Berlusconi: non rompere con chi ha deciso di rompere. Tanto più che tra Renzi e Grillo lo scenario è in cambiamento. D’altra parte, anche agli alfaniani non conviene il muoia Sansone. Se lo scontro nel centro-destra fosse così devastante da sfociare in elezioni anticipate, essi dovrebbero rivolgersi a un centro a sua volta scisso e senza bussola. Perciò, la “separazione consensuale” nell’ex Pdl in questo momento può andar bene a tutti. In attesa di vedere come finirà la partita alla guida del Pd, come se la caverà il governo nell’ennesimo braccio di ferro con Bruxelles per i conti e chi sarà il leader di un dopo-Berlusconi che i fatti di queste ore mettono ancor più “in movimento”.

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