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Caro direttore,

noto con interesse che le due interviste che avete pubblicato sul problema AVIO suscitano reazioni vivaci di un vostro lettore per cui ritengo sia giusto intervenire in modo da esprimere compiutamente il mio pensiero al riguardo e rasserenare l’animo di chi si è eccitato su questo tema.

Io sono un fisico; la prima cosa che impariamo nei nostri studi è la modestia, “il saper di non sapere” di buona memoria, che è necessaria per investigare e cercare di comprendere le leggi della natura. A questo proposito va sempre ricordata la risposta di Einstein, ormai anziano, a una giornalista che gli chiedeva come facesse ad avere sempre delle idee geniali: “Signorina io nella mia vita ho avuto una sola idea valida e ancora oggi non la ho capita del tutto!”.

Questo per dire che per struttura mentale, educazione professionale e un minimo di uso del cervello, resto sempre molto perplesso di fronte a persone che parlano o scrivono in maniera assertiva, possessori di verità rivelate e che non sembrano mai sfiorate dal dubbio di dire cose inesatte o del tutto sbagliate.

Per questi motivi mi lascia stupito la lettera del “semplice liberale” Falasca che non ho il piacere di conoscere ma che, in un colpo solo, impartisce una lezione di titolazione giornalistica, una di teoria e filosofia liberale e una di politica industriale. Non conoscendolo quindi, com’è mio costume, ho cercato prima di tutto di informarmi chi fosse, che lavoro svolgesse e che competenza avesse nei temi industriali che menziona con tanta sicurezza.

L’assenza di esperienza professionale specifica spiega, come lui stesso ammette di avere, “il suo deficit cognitivo sul concetto di italianità”. Chi non ha mai lavorato in certi settori di avanguardia, gomito a gomito con tecnici e ingegneri di altissima qualità, formati e attivi nel proprio paese, che hanno realizzato il miglior vettore spaziale al mondo di media taglia, VEGA, invidiatoci da tutti all’estero, difficilmente può capire cosa significhi sentirsi fieri di essere italiani e guardare negli occhi dei colleghi stranieri il rispetto per i successi ottenuti.

Io capisco che la politica, soprattutto se fatta nelle retrovie e in realtà irrilevanti, può produrre uno scollamento dal mondo reale, quello di chi lavora e produce. È comprensibile e quindi è giustificabile il deficit cognitivo che, però, emerge ancora di più nel seguito della lettera.

L’ignoranza del contesto nazionale e internazionale aerospaziale e di come stia evolvendo si evince dall’analisi della proprietà attuale di AVIO portata a sostegno delle critiche sollevate. Infatti, contestando la mia apparente (a suo avviso) visione vetero statalista, figlia “di un capitalismo relazionale e predatorio, di Stato o protetto dalla politica”, il “semplice liberale” fa notare che la società non è italiana ma già posseduta a larga maggioranza dal Fondo straniero di investimento CINVEN. Però, quello che il nostro critico dimostra di non conoscere è che, benché il Fondo possegga lo 81% delle azioni, ha sempre preservato il funzionamento e lo sviluppo di tutte le attività in Italia garantendo proprio la salvaguardia quei paletti che ho menzionato nella mia intervista a difesa di un asset strategico nazionale come avviene in tutti i Paesi avanzati, con governo di stampo liberale o diverso.

Il problema nasce solo oggi perché CINVEN, è un suo diritto, intende vendere questa quota perché i suoi interessi non sono il sostegno alle industrie ma fare soldi e guadagnare sugli investimenti fatti nel passato. Il pericolo nasce quindi soltanto ora visto che cavalieri bianchi privati italiani non si sono visti all’orizzonte.

Siccome non posso immaginare che il nostro “semplice liberale” scriva cose a vanvera devo necessariamente dedurre che semplicemente, non essendo del mestiere, ignorando tutto della situazione complessiva di AVIO e del settore aerospaziale italiano e globale, ha espresso in buona fede concetti generici sul pensiero liberale e sul mercato globale del tutto privi di rilevanza rispetto al tema specifico che viene, anzi, ingenuamente comparato con realtà di inefficienza e scarsa managerialità come Alitalia e Telecom.

Le discussioni accademiche sul valore o meno dell’italianità e su cosa voglia dire essere liberali sono scatole vuote che lascio a chi apparentemente ha molto tempo libero e può passare ogni giorno ore a passeggiare e scrivere di tutto su Facebook; a me le chiacchiere da bar dello sport non hanno mai interessato per cui preferisco confrontarmi su temi concreti e nelle sedi adeguate con esperti del campo.

Per cultura e formazione ho sempre seguito la linea insegnata da Fermi e Amaldi, due titani della scienza nazionale, che hanno formato generazioni di fisici italiani: sono cosciente di sapere poco in genere e, forse, qualcosa in più nei campi nei quali lavoro da quaranta anni al servizio del paese.

Credo che l’Italia sia nelle condizioni economiche e politiche attuali di declino anche a causa di quanti, anche in buona fede, si ritengono possessori di verità rivelate discettando genericamente di tutto senza portare nulla di costruttivo allo sviluppo del Paese. Le persone serie e preparate che svolgano un servizio utile, come i tecnici e gli ingegneri dell’AVIO, sono invece un esempio concreto di come sia possibile risalire dalle parti basse della classifica dei paesi avanzati, posizione della quale dobbiamo ringraziare i politici degli ultimi trenta anni e gli epigoni aspiranti di oggi.

È ovvio che sarò felicissimo di partecipare a un dibattito confrontandomi de visu con quanti hanno idee diverse dalle mie sul tema specifico; data la sua delicatezza e la sua strategicità sarebbe opportuno se avvenisse alla presenza delle maestranze di AVIO che potrebbero direttamente verificare come alcune persone discutono, usando concetti generici e poco attinenti alla realtà, del loro futuro e di quello delle loro famiglie.

spacelab

Avio e il liberismo teorico

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