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L’anti-puritanesimo fogliante di Giuliano Ferrara forse non troverà spazio sui libri di storia, ma rappresenta di sicuro un pezzo di cultura contemporanea.

Un po’ chic, un po’ kitsch, così come l’aria che si respirava ieri in piazza Farnese, inviperita per la sentenza di condanna del Ruby-gate comminata all’amato Cavaliere.

Uno spaccato di varia umanità: c’era la rifatta bionda ossigenata, la comitiva di anziani, il neo-pensionato, il turista curioso, il giovane interessato. E ci stava tutto.

C’era anche tutto il centrodestra berlusconiano, politico e popolare, a rimirare le gesta dell’Elefantino: dal fido Daniele Capezzone all’abbronzato Denis Verdini, dalla pasionaria Santanché a un’indignata Maria Giovanna Maglie.

Ma questi sono solo alcuni dei nomi di un campionario composto da una pletora di personaggi del giornalismo, dello spettacolo o di tutti e due messi assieme, alcuni presenti per motivi professionali, altri per mondanità, altri ancora per ascoltare il verbo: Claudio Velardi, Marco Damilano, Alessandro Giuli, Alain Elkann, Carlo e Marina Ripa di Meana, Renato Altissimo, Annalisa Chirico (che dal palco ha letto una lettera contro il “pornoprocesso”), Luigi Amicone, la moglie di Ferrara Anselma Dell’Olio e la fidanzata di Berlusconi Francesca Pascale.

E da un palco improvvisato, con al fianco un Berlusconi di cartone e una maxi-foto di Mubarak, il direttore del Foglio, di rossetto agghindato, non ha tradito le attese della folla.

Silvio come Maria Antonietta, vilipeso, umiliato da quei “buzziconi moralisti” di sinistra, dei “puritani” invidiosi del successo e della felicità di chiunque. E – aggiunge lady Ferrara – “fissati col pisello di Berlusconi”.

L’Elefantino non si rassegna: il Cav condannato a 7 anni, ma perché? “Il suo è l’unico procedimento dove non esiste una parte lesa”. Per la piazza è fin troppo evidente che i processi, anche i più arditi, “non posso dare giudizi etici”.
“Dove vogliamo vivere?” si chiede Ferrara, “in un Paese senza libertà personali?”

E poi giù contro una campagna moralista dei “parrucconi” comunisti, che hanno offeso una schiera di ragazze di bell’aspetto che cercavano di ritagliare il proprio spazio nel mondo nell’unico modo a loro possibile: con la l’avvenenza. Un atteggiamento non differente da quello utilizzato da altri, con altre qualità.

È per questo – ha spiegato il direttore del Foglio – che “ho detto che “Siamo tutti puttane”: per ricordare che chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Il rossetto? Un segno di leggerezza, perché a differenza del grigiore sinistroide, Berlusconi ha anche questo pregio: quello di aver portato nella politica italiana una ventata di ironia.

Ok, ma come chiudere la kermesse, finanziata da vendutissime t-shirt foglianti, ormai cult?
Con la lettura della lettera di “un intellettuale vero”. Henry Levy? Macché, “Pier Francesco Pingitore”, che si interroga: “Fottere o non fottere. È questo il problema (?)”. E se proprio lo è, sarebbe il momento di dare il via all’inserimento di un contatore di “scopate” di massa. Se non altro sarebbe una riforma a costo zero”.

Siamo tutti puttane – La manifestazione del Foglio (fonte video: Il Foglio.it)

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