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Il primo post che avevo scritto, per inaugurare questo spazio su formiche.net, era dedicato a quella che avevo definito “primavera” della Chiesa, ossia la rinuncia di Papa Benedetto XVI e l’avvento del papato di Francesco.

A distanza di qualche mese vorrei tornare a parlare di questa “primavera” che è ormai quasi una vera e propria estate. Papa Francesco ha rivoluzionato un modo di concepire la figura del Pontefice. Nella sua espressione severa e semplice ricorda moltissimo Papa Giovanni XXIII mentre per la comunicatività ricorda Giovanni Paolo II. Quello che invece manca, a mio avviso, è una teologia, ossia una posizione effettivamente originale di questo Papa. La sua prima enciclica “lumen fidei” è stata scritta da Benedetto XVI, che conclude così la triologia delle encicliche dedicata alle virtù della Chiesa: carità, speranza e fede.

Benedetto XVI è stato un Pontefice teologo, molto attento alle prassi consolidate della liturgia e al pensiero filosofico e teologico post-conciliare. La figura di Benedetto XVI ha secondo me rappresentato l’inizio della rivoluzione nella Chiesa, del cambiamento ancorato però alla tradizione. Il paradosso è naturale, la Chiesa è un’istituzione millenaria che galleggia sul cambiamento sociale e culturale, pur mantenendo alcuni punti fermi della propria dottrina. Benedetto XVI ha rappresentato esattamente questo paradosso, un Pontefice umile e aperto alla discussione, mite e timido, forse anche abbandonato dai suoi vescovi e lasciato solo ad affrontare il più grande scandalo che la Chiesa abbia mai dovuto affrontare negli ultimi secoli. Benedetto XVI è stato molto forte, malgrado le apparenze. Il primo pontefice del nuovo millennio, il più potente di tutti i Pontefici della storia (così ha detto il suo biografo durante un’intervista), perchè regnante su una cristianità spalmata su tutto il globo e malgrado questo è rimasto umile e mite, quasi timoroso della folla osannante. Il vero merito di Benedetto XVI è stato il suo essere se stesso, non un Papa trascendente bensì un uomo diventato Papa. Prima che il ruolo prendesse il sopravvento sulla sua persona, Benedetto XVI ha deciso di compiere un gesto epocale: si è dimesso. 

Cosa è accaduto con le dimissioni di Bendetto XVI? Ebbene, il gesto di Ratzinger ha rivoluzionato la concezione stessa del ministero petrino. L’avvento di Papa Francesco ha concretizzato questa rivoluzione traducendosi in azioni concrete di “dimissioni” continue dei privilegi e dei titoli del Pontefice. L’impoverimento della figura del Sommo Pontefice corrisponde all’arricchimento spiriturale e valoriale del ministero petrino nel nuovo millennio.

L’impegno di Ratzinger per rivoluzionare la Chiesa dall’interno non è stato vanificato con le sue dimissioni, anzi, oggi ci troviamo nell’inedita situazione in cui la Cristianità ha due pontefici viventi. Un Papa emerito e un Papa regnante. Il primo ombreggia con la sua immensità teologica, il secono è deferente e giovane, pronto a scardinare la Chiesa nel suo assetto attuale e a “pulire” la sporciazia una volta per tutte.

Il tandem Ratzinger-Bergoglio è la vera rivoluzione della Chiesa, la vera primavera che la cristianità aspettava. Paolo VI parlava della solitudine del Papa, Benedetto XVI si è detto sempre tranquillo perché in compagnia di Dio, ebbene Francesco oggi è in ottima compagnia, perché può contare sul consiglio del suo predecessore, ancora in salute seppur parecchio invecchiato. Assieme stanno portando avanti il progetto di restrutturazione della Chiesa come istituzione e questa collaborazione è già vincente.

La contrapposizione tra Francesco e Benedetto, nei costumi è solo strumentale. Francesco porta con sé il principio della povertà, è un gesuita, è rigoroso e rigido. Lui è il servo dei servi di Dio, non è un monarca assoluto, così come non lo è stato Ratzinger. Perlò, il sole quando illumina genera anche ombre. Il tandem Bergoglio-Raztinger è a mio avviso il vero motore del cambiamento, tuttavia il rischio è che l’autonomia di Francesco sia condizionata dal suo predecessore. Involontariamente si intende, per il rispetto che Bergoglio nutre per il suo predecessore e per la sua storia.

Quello che può consolare, è che se Papa Francesco è umile e poco teologo, egli è molto comunicativo e raggiunge davvero le periferie degli uomini: parla ai potenti, perché la sua figura lo consente e parla soprattutto ai poveri e ai soli, per dire “sono uno di voi”.

La chiesa ha bisogno di cambiare in modo radicale, perché il suo magistero sia davvero di carità, amore e speranza. Ha bisogno di ritrovare il senso vero della misericordia e soprattutto dell’amore per l’uomo in quanto tale. Certi tradizionalismi passeranno, si dissolveranno come neve al sole anche sulla cupola di San Pietro.

Per ora i primi passi di questo tandem hanno generato i loro frutti. Attendo fiducioso che la rivoluzione in Chiesa avvenga.

 

Il tandem Bergoglio-Ratzinger, la vera rivoluzione nella Chiesa

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