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Siria, petrolio, Fed, crisi. A rimbombare nelle orecchie degli operatori di borsa mondiali sono sempre queste paroline. Washington e Bruxelles hanno sbandierato qualche segno di ripresa, quanto basta per indirizzare verso il Vecchio Continente il flusso di capitali appena rientrati in America dagli Emergenti. Ma, sostiene Russ Koesterich, Global Chief Investment Strategist di BlackRock, non è il momento di rischiare troppo. Meglio puntare sul settore energetico, e perché no, sui cari vecchi beni rifugio.

La volatilità dei mercati

“Nelle scorse settimane – sottolinea Koesterich nel Weekly Investment Commentary – abbiamo visto aumentare l’instabilità dei mercati, toccando il picco degli ultimi due mesi negli ultimi giorni. Sebbene i recenti dati economici pubblicati mostrino un leggero miglioramento dell’economia globale, sembra che gli investitori si concentrino di più sui rischi. In particolare, secondo noi, i tre volani della volatilità sono l’incertezza della ripresa economica, quella sulle politiche della Fed e quelle sul Medio Oriente”.

Il dilemma della Fed, e del successore a Ben Bernanke

L’economia americana e quella globale si stanno rimettendo su un percorso di crescita. Negli Usa, il settore manifatturiero ha mostrato un rafforzamento, ma a destare problemi è il mercato del lavoro. Il report relativo ad agosto è stato deludente, con dati che mostrano la creazione di 169mila nuovi posti di lavoro, meno delle attese a 180mila. Ma la domanda che scuote maggiormente gli animi degli operatori di mercato riguarda la Fed. Quali sono le sue intenzioni? “Ci sono state molte speculazioni sull’eventuale tapering, la stretta monetaria che permetterà di ridurre gli acquisti mensili di titoli, ma data l’incertezza della ripresa economica non si sa esattamente quando questo percorso verrà avviato. E a peggiorare la situazione, resta anche la partita aperta sul successore di Ben Bernanke alla guida della banca centrale“, prosegue lo strategist di BlackRock.

La crisi siriana e mediorientale

Se si sposta lo sguardo fuori dall’America, a preoccupare i mercati è l’instabilità in Siria e in Medio Oriente. A questo punto non è chiaro come e se si interverrà a Damasco, ma quello che è sicuro è che “i problemi in Siria e in Egitto sono emblematici di una questione più ampia: l’instabilità crescente dell’intera regione. Un fattore che dal punto di vista finanziario ha già spinto al ribasso offerta ed export di petrolio, accelerando quindi la crescita dei prezzi oggi il 25% superiori al minimo toccato ad aprile. Se dovesse esserci un’escalation della violenza nella regione, a rischio sarebbe la ripresa globale a causa dell’aumento dei prezzi energetici”.

Diversificazione e focus sull’energia

Nel breve termine “ci aspettiamo che la volatilità resti elevata. E questa percezione viene confermata dal trend mostrato dai fondi equity, alla ricerca di investimenti in beni rifugio. A questo punto, la regola d’oro sarà diversificare e puntare sul settore energetico, che prospetta buoni guadagni e le cui società possono proteggere dai rischi legati alla volatilità causata dal Medio Oriente”, conclude.

Wall Street si fa green con la guerra in Siria

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