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A riprendere il tema dell’impreparazione dei servizi francesi è stato ieri un editoriale di Le Monde.

Il principale sospetto per l’accoltellamento del soldato francese di qualche giorno fa era stato segnalato a febbraio in una comunicazione interna. I servizi però non hanno dato seguito alla segnalazione, persa da qualche parte tra i vari uffici che si occupano di controspionaggio.

Probabilmente, si ragiona, l’architettura dell’intelligence è inadeguata, pesante e forse troppo macchinosa per affrontare i molti “cani sciolti” che fermentano nelle periferie dove la marginalità viene sequestrata dal radicalismo islamico. I molti “Mohammed Merah”, come il maghrebino che nel marzo 2012 ha seminato il terrore a Tolosa.

Al centro della bufera politica sembra però trovarsi non tanto la Direction centrale du renseignement intérieur, la centrale del controspionaggio e del controterrorismo nata nel 2008, ma il ministro degli interni Manuel Valls, che sembra aver preso finora troppo alla leggera le proposte di riorganizzare la struttura. Il fatto che Al Qaida si inserisca nella contesa, agitando strumentalmente la situazione in Sahel e promettendo vendette per la spedizione francese in Mali, non fa che rendere più caldo e ingestibile il dossier politico.

Il ricordo delle banlieu del 2005 ancora è una ferita aperta nel tessuto sociale nazionale. Invece di chiudersi, potrebbe suppurare se razzismo ed esclusivismo dovessero dare corpo al malessere delle periferie delle grandi città europee.

Francia, va in onda la riforma dei servizi?

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