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Buone notizie una volta tanto. L’Italia esce formalmente dalla procedura d’infrazione aperta a Bruxelles nel 2009 e recupera qualche margine di flessibilità (pochi e dal prossimo anno) nella politica di bilancio, ma soprattutto lascia quell’angoletto dietro la lavagna che ha ridotto al minimo il suo potere negoziale in Europa e la sua credibilità sul mercato dei capitali. Mentre gli elettori lanciano un messaggio chiaro a favore della stabilità, punendo Grillo e concentrando le loro preferenze in modo nettissimo verso i due principali partiti al governo: il Pd e il Pdl.

Il Movimento 5 Stelle ha deluso, dimostrando non solo la sua impreparazione, ma la sua pericolosa inconsistenza. Grillo&associati si è rivelato non un collettore di scontento, incanalandolo verso sentieri democratici, come il comico adesso cerca di far credere, bensì uno dei maggiori fattori di instabilità.

Il governo tira un sospiro di sollievo

Enrico Letta tira un sospiro di sollievo, a questo punto può governare un anno. Silvio Berlusconi non è contento di come sono andate le sue truppe e dice che bisogna incalzare Letta sulle tasse “se no si mette male alle elezioni europee”. Capito? Le elezioni europee, la prossima primavera, quello è il suo orizzonte, niente fremiti da voto anticipato. Giustamente. Berlusconi non è berlusconiano.

Il lutto politico

Questi sono i fatti, eppure una coltre di lutto politico è calata sui giornali. Commentatori, politologi, retroscenisti di destra, di sinistra, di centro e d’altro ancora, piangono sul risultato elettorale. E perché mai? Che cosa interessa in questo momento agli italiani? Che il governo governi, senza perdere tempo, che affronti l’emergenza redditi e occupazione (dunque fuori dalla recessione), che metta la museruola a quel cane arrabbiato dello spread, che riformi questa legge elettorale per garantire maggiore efficienza e governabilità. Poi sciogliamo l’innaturale abbraccio, liberi tutti.

Le attese di Merkel e Hollande

E’ esattamente quel che interessa anche all’Unione europea, alla signora Merkel, al presidente Hollande. Questa volta gli interessi nazionali e quelli europei coincidono. Forse potranno divergere fra poco, quando si comincerà a discutere come cambiare i trattati. Ma perché questa discussione sia efficace, credibile e fruttuosa, occorre avere stabilità politica e consenso all’interno.

I motivi dell’astensionismo

Perché dunque tutti quei musi lunghi? I votanti hanno scelto in modo chiaro in senso ancora una volta bipolare, indicazione importante per la nuova legge elettorale. Certo, l’astensionismo non è un bel segnale, anche se va avanti da un po’ e le antiche percentuali bulgare fanno parte del passato. Gli stessi che per anni hanno ripetuto il mantra della società liquida e della politica debole, adesso vorrebbero le falangi alle urne. Misteri massmediatici.

Il caso Roma

C’è uno scollamento tra eletti ed elettori? Evidente che c’è, ma mica da domenica scorsa. Quel che ha fatto sballare tutte le percentuali è Roma. E qui ha giocato la debolezza dei candidati e la mancanza di una idea per la capitale, specchio a sua volta della mancanza di una proposta strategica per l’Italia.

La riflessione a sinistra e a destra

Di cosa fare nel lungo periodo bisognerà parlare subito, ma è chiaro che non è l’obiettivo di un governo d’emergenza. Si apra una grande riflessione a sinistra e a destra (anche al centro e in ogni luogo) per affrontare su basi nuove le prossime elezioni politiche, ma si voti solo quando saremo fuori dallo stato d’eccezione. Per ora, invece di stracciarsi le vesti meglio ringraziare chi si è recato alle urne e anche chi è stato a casa non per pavidità o qualunquismo, ma per evitare il peggio.

Stefano Cingolani

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