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Perché tornare a interessarsi di Dmitri Šostakovi di cui abbiamo analizzato le peripezie il 4 gennaio in occasione della presentazione a Roma della sua opera (dadaista e futurista) ‘Il Naso’ e dopo avare recensito il libro scritto da su di lui da Piero Rattalino il 26 aprile? L’occasione è data dalla chiusura della decima stagione dell’Orchestra Sinfonica di Roma, l’unifica orchestra interamente privata in Italia –  è patrocinata dalla Fondazione Roma Arte-Musei – con la grandiosa settima sinfonia intitolata “Leningrado”. La sinfonia è stata eseguita a Roma diverse volte, specialmente all’Accademia di Santa Cecilia. Le tre due occasioni sono state nel 2010 con la bacchetta di Kirill Petrenko e 1998 e nel 2008, ambedue con la bacchetta di Valery Geergev ed è una delle più eseguite tra le 15 sinfonie di Sostakovic. Petrenko, che ha 38 anni e quindi non ha conosciuto l’orrore del comunismo se non quando era in piena implosione, ha dato un’interpretazione nuova al lavoro. Gli ha tolto la tinta guerriera per farla diventare una grande elegia di tutti coloro morti per il terrore sia nazista sia staliniano, come lo stesso Šostakovi dichiarò.

All’Auditorium di Via della Conciliazione, sede dell’Orchestra Sinfonica di Roma, ha diretto Francesco La Vecchia e l’esecuzione della sinfonia è stata accompagnata da un ingegnoso corredo audiovisivo di Andrea Giansanti, con il contributo registico e tecnologico di Tiziano Panici ed il supporto della musikhouse di Andrea Carfagna. E’ un modo nuovo ed interessante di fare ‘vedere la musica’ in modo di semplificarne la comprensione e di meglio sottolinearne i punti ed i colori salienti. Nell’Auditorium di Via della Conciliazione, le proiezioni ricordavano il film Napoléon di Abel Gance (che utilizzava tre schermi). Nelle pareti laterali all’orchestra immagini computerizzate (a volte in tre D) fornivano il clima (le nevicate, le betulle, simboli di guerra e di pace) mentre nel fondo dell’orchestra si vedevano filmati d’epoca sul lungo assedio di Leningrado (900 giorni), uno degli aspetti più brutali della seconda guerra mondiale: 630.000 civili morirono di fame e freddo, oltre che per i continui bombardamenti aerei.

L’interazione tra musica e suono consente di rispondere alla domanda di Andrew Hut, critico musicale di The Guardian; Sappiamo che Šostakovi, comunista convinto e profondamente russo (nonostante le angherie subite dalla nomenclatura), rimase nella città il più a lungo possibile sino a quando gli venne ingiunto di andare (con gli altri artisti residenti) prima a Mosca e poi a Kuibishev. Sappiamo ancora che la sinfonia venne eseguita sia a Mosca sia a Leningrado dall’orchestra del Bolshoi diretta da Samuel Somosud rispettivamente il 5 ed il 29 marzo 1941. Venne eseguita in tutte le maggiori città russe e portata, in microfilm a Teheran e da lì al Cairo ed a Londra, venne ripresa in tutto il mondo. Venne ascolta tata, per radio, in tutti i Paesi dove giungevano le trasmissioni diretta da Arturo Toscanini. Soltanto nel 1942-43 ce ne furono 62 esecuzioni unicamente negli Stati Univi con bacchette come Stokowski, Mitropoulos, Koussevitski, Ormandy, Monteux , Rodzinski – per citare esclusivamente i più noti. Divenne il simbolo della resistenza al Nazismo e della forza dell’arte contro le dittature e le guerre.

Ciascuno dei quattro movimenti ha un titolo: la guerra, il ricordo, la patria, la vittoria. Ma i titoli non sono in linea con i contenuti musicali. Nel primo, un allegretto, ad esempio, La Vecchia e le immagini hanno ricordato il tempo di pace (ci sono variazioni su temi de ‘La Vedova Allegra’). Il secondo ed il terzo (un moderato ed un adagio) l’accento è sulla melanconia Nel finale, un allegro ma non troppo, abbiamo la speranza di un mondo migliore e della ricostruzione. Prevale la pietas sull’eroismo.

La fusione tra musica (eseguita nel modo più alto) e tecnologia mostra come il significato più profondo sia l’immenso atto d’amore del compositore per la sua città. Per questo la sinfonia sarà sempre attuale e commovente.

Dopo 80 minuti di ascolto, la sera del 20 maggio, ce ne sono state 15 di ovazioni.

Leningrado di Šostakovic a Roma

[gallery] Perché tornare a interessarsi di Dmitri Šostakovi di cui abbiamo analizzato le peripezie il 4 gennaio in occasione della presentazione a Roma della sua opera (dadaista e futurista) ‘Il Naso’ e dopo avare recensito il libro scritto da su di lui da Piero Rattalino il 26 aprile? L’occasione è data dalla chiusura della decima stagione dell’Orchestra Sinfonica di Roma,…

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