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Mentre in Europa gli scenari di disintegrazione dell’Ue e del sistema dell’euro diventano sempre più inquietanti, i Paesi Brics lavorano alacremente e unitamente per “creare un nuovo asse di sviluppo globale”, ipotizzando profondi cambiamenti dell’ordine economico e dei poteri mondiali.

Noi riteniamo che il quinto summit dei Brics tenutosi a Durban in Sud Africa possa essere definito storico, perché ha posto per la prima volta lo sviluppo indipendente delle infrastrutture, delle manifatture e dell’agricoltura del continente africano al centro delle discussioni.

Vi è stata quindi una discontinuità profonda rispetto alle vecchie politiche colonialiste.

Per i partecipanti al summit l’Africa è e deve essere lo spartiacque morale del mondo moderno.

A Durban si è deciso di istituire una Banca di Sviluppo per finanziare grandi infrastrutture e altri progetti di sviluppo, con il contributo iniziale di 10 miliardi di dollari di capitale da parte di ciascun paese. Sarà un ente indipendente e sganciato dalle logiche e dai controlli del Fmi e della Banca Mondiale.

È stato creato un Fondo di riserva di 100 miliardi di dollari per le emergenze che dovrebbe garantire la stabilità finanziaria dei Brics contro le speculazioni sulle commodity e contro gli effetti recessivi della crisi globale. È stato anche rinvigorito il Joint Business Committee, il comitato promotore degli investimenti strategici nelle loro economie.

Nella logica di un mondo multilaterale e multipolare i Brics affermano che l’attuale architettura della governance globale dominante è obsoleta, per cui essi «esplorano nuovi modelli di sviluppo più equo». Si ricordi che ormai rappresentano il 20% del Pil mondiale.

La Cina è il primo esportatore mondiale e nel 2020 diventerà la prima economia del globo. Il Brasile è l’«azienda agricola più grande del mondo».

La Russia, come noto, è ricchissima di petrolio e gas. L’India è diventata la «centrale» della tecnologia informatica.

Il Sud Africa è la miniera di tutte le risorse: le sue materie prime sono oggi stimate intorno a 2,5 trilioni di dollari. Ma la loro principale ricchezza ovviamente sta in una popolazione di circa 3 miliardi di cittadini, in maggioranza giovani.

Sul fronte monetario e commerciale, la dichiarazione finale di Durban contesta apertamente le decisioni delle banche centrali delle cosiddette economie avanzate. Afferma che, di fronte al proseguire della crisi, esse «hanno risposto con azioni di politica monetaria non convenzionale che hanno aumentato la liquidità mondiale_la quale a sua volta ha accresciuto la volatilità dei movimenti dei capitali, delle monete e dei prezzi delle commodity con effetti negativi sulle altre economie, in particolare su quelle dei paesi in via di sviluppo».

I paesi Brics ribadiscono ancora una volta «il sostegno alla riforma del sistema monetario internazionale con un paniere allargato di monete di riserva»; riaffermano la necessità di un ruolo più forte dei Diritti Speciali di Prelievo e anche il cambiamento nella composizione del paniere di monete dei Dsp.

Richiedono inoltre «un sistema di commerci multilaterale basato sull’apertura, sulla trasparenza e sulle regole». Cina e Brasile, per esempio, hanno già accordi monetari che permettono loro di effettuare scambi nelle loro monete per 300 miliardi di dollari.

Perciò il ruolo dell’Europa è fondamentale rispetto ai problemi posti dai Brics. Infatti se l’euro venisse meno, anche la riforma monetaria del paniere di monete verrebbe bloccata con incalcolabili conseguenze geopolitiche. Purtroppo gli attuali assetti europei ci sembrano non adeguati rispetto alle grandi sfide. C’è troppa pigrizia che cozza con la intelligenza, la storia e la cultura dei popoli europei che, nel bene e nel male, in passato hanno svolto un ruolo incisivo rispetto agli altri continenti.

Mario Lettieri (Sottosegretario all’Economia del governo Prodi)

Paolo Raimondi (economista)

 

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