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Una ricetta per permettere alle Pubbliche Amministrazioni di pagare in tempo i loro fornitori ed essere protagoniste della crescita del Paese. E’ la proposta di Mariafrancesca Sicilia e Ileana Steccolini dell’Università Bocconi, indirizzata di fatto al premier ed ex presidente della loro università, Mario Monti.

Decreto da rivedere

All’Italia serve un’amministrazione in grado di essere “motore dell’economia”, protagonista “del rilancio e della crescita”. E per fare questo, occorre anzitutto cambiare il decreto che ha recepito la direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti. Nel decreto legislativo 192/ 2012, infatti, la logica del legislatore è completamente opposta a quel che dovrebbe essere. Le Pubbliche Amministrazioni vengono viste come “macchine burocratiche che recepiscono e si adattano agli stimoli”. Esse invece devono essere il “motore dell’economia, in grado di attivarsi per assumere un ruolo da protagoniste nel rilancio e nella crescita”.

Nel testo si impone la scadenza dei 30 giorni per i pagamenti e fino a 60 per Asl, ospedali e imprese pubbliche. Il problema, spiegano, è che “la norma mira a imporre comportamenti desiderabili, ma che nei fatti risulteranno scarsamente realizzabili, oggi probabilmente ancor più che dieci anni fa. E questo per almeno tre ordini di motivi. Il primo è la lentezza delle procedure di erogazione della spesa. Il secondo – proseguono – riguarda i vincoli di finanza pubblica, in particolare il Patto di stabilità interno, che incidono fortemente sui comportamenti di pagamento degli enti pubblici. In alcuni casi estremi, enti con buone disponibilità finanziarie non possono effettuare i pagamenti per non peggiorare i propri “saldi” rilevanti ai fini del rispetto del patto. Il terzo è la concreta situazione finanziaria in cui si trovano le amministrazioni debitrici”. In più, fanno notare Sicilia e Steccolini, il decreto non rappresenta una novità. “Già il decreto legislativo 231/2002 imponeva regole simili e i dati sui ritardi nei pagamenti mostrano la sua disapplicazione nei fatti”.

Quello che serve

Per risolvere definitivamente il problema del ritardo dei pagamenti serve agire su tre leve. Anzitutto, propongono Sicilia e Steccolini, occorre un “investimento in semplificazione amministrativa”; poi un “allentamento dei vincoli del patto di stabilità, in particolare per quegli enti in cui i vincoli sono più severi rispetto alle effettive capacità di bilancio”; infine “l’accompagnamento degli enti in difficoltà finanziaria con interventi di riequilibrio di bilancio, di razionalizzazione della spesa, anche grazie al rafforzamento dei controlli interni a supporto del miglioramento gestionale”.

Bisogna insomma riconoscere “agli enti pubblici autonomia, fiducia e spazi di azione per svolgere un ruolo attivo nel ricostruire la competitività del paese, anche utilizzando in senso costruttivo e creativo alcune ridondanze (in termini di competenze, capacità, risorse finanziarie, patrimonio) per pensare, negoziare, progettare alleanze e partnership in grado di sostenere il rilancio dell’economia”.

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