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La politica italiana sta traghettando dallo stato confusionale del dopo elezioni a una situazione paradossale. Con effetti gravissimi in un momento tanto delicato come l’attuale.

Si spera che il capo dello Stato abbia il coraggio e la forza per risparmiare al Paese il peggiore dei governi possibili, come sarebbe quello che ha in mente Pier Luigi Bersani, pur di  riuscire a varare un esecutivo da lui presieduto.

Il fatto è che l’operazione al cui successo lavora il leader del Pd sembra oggi sicuramente meno impossibile e certamente più probabile. Infatti, il solo in grado di impedire a Pier Luigi Bersani di formare il “governo dei “mostri” (usiamo il sostantivo monstrum nel suo significato latino) è rimasto il presidente Giorgio Napolitano.

Comprendiamo che una valutazione siffatta può sembrare fantasiosa se non viene spiegata. Lungi da me l’idea che il capo dello Stato abbia intenzione di impedire, a bella posta, al segretario democrat di realizzare le sue legittime ambizioni. Tanto più che l’insofferenza nei confronti dell’inquilino del Quirinale da parte del suo ex partito diventa, ogni giorno che passa, più visibile e robusta.

L’obiettivo di Napolitano

Ma Napolitano, stando ai retroscena, sembra pretendere – allo scopo di dare una maggioranza e un esecutivo stabili al Paese – che l’eventuale presidente incaricato riesca a formare una coalizione ed esprimere una compagine di governo che abbiano la garanzia preventiva – sulla base dei numeri – di ottenere la fiducia anche a Palazzo Madama. Quindi, nessun governo che giochi a “mosca cieca”  nell’andare alla ricerca di un consenso necessariamente più ampio di quello che è servito per eleggere Pietro Grasso.

Il rischio di Bersani

Questa, però, è l’unica garanzia che Bersani, almeno per ora, non è in grado di fornire. Al contrario – ne siamo convinti – un governo Bersani, composto dai  peggiori “sepolcri imbiancati”, dalle più intorcinate “barbe finte”, da qualche “anima bella” in servizio permanente effettivo, dal fior fiore del giustizialismo forcaiolo ed antiberlusconiano nonché del giornalismo scandalistico, magari con l’aggiunta di qualche giovinetta o giovinetto di balde speranze, pronti ad agitare come una clava i propri master, veri o presunti che siano, o le proprie cattedre all’estero (non sarà che alcuni vanno ad insegnare all’estero perché in Italia li giudicano inadeguati?) aprirebbe tanti casi di coscienza (in numero maggiore di quelli del voto per la presidenza di Palazzo Madama) nel gruppo del M5S al Senato.

La tentazione dei grillini

In sostanza, diversi senatori “grillini”, a mio avviso, sono pronti a farsi incantare da qualche “scintillone” messo lì nel governo “a far da palo” o da qualche personalità che sia espressione del “nuovo che avanza”. Purtroppo, anche dal fronte di Scelta Civica si annunciano aneliti entristi. E l’ex comico e il guru chiomato? Si accorgeranno presto di abbaiare alla luna e capiranno che il M5S è un tram su cui sono salite legioni di disoccupati, inaspettatamente ritrovatisi nei Palazzi del potere. A tornare indietro è difficile, perché far parte dell’odiata casta ha i suoi vantaggi. Si afferma che Grillo potrebbe espellere i ribelli. E chi se ne frega! Un conto è cacciare qualcuno da un movimento virtuale costruito sul network, prima delle elezioni e della formazione delle liste. Chi è stato eletto, grazie a quell’articolo 67 della Costituzione che per sua  fortuna è ancora lì, rischi non ne corre. Anche perché è sempre più evidente – Berlusconi lo ha detto subito – che la base del M5s proviene dalla sinistra più forcaiola e buzzurra, sempre pronta però ad aderire al richiamo alle armi se la patria è in pericolo.

I rischi per il Paese

In tale contesto – non privo di complicazioni – che cosa rischia il Paese? La risposta è semplice: di doversi occupare di vendette, giaculatorie giacobine, purghe, cacce all’uomo, liste di proscrizione, sobrietà istituzionale ai limiti del pauperismo, mentre l’Italia sprofonda sul terreno della stabilità monetaria e dell’economia. Bersani annuncia che uno dei primi provvedimenti riguarderà il conflitto di interessi. Una persona pacata come il neo capogruppo al Senato, Luigi Zanda, al solo scopo di compiacere i “grillini”, dichiara con vent’anni di ritardo di votare l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi.  A coloro che si compiacciono perché la presidente della Camera rincaserà alla sera anziché coricarsi tra candide lenzuola nell’appartamento a sua disposizione a Montecitorio; agli stessi che considerano tutto ciò una svolta, una risposta ai problemi dell’Italia, come si fa a spiegare che basta un nonnulla perché gli sportelli bancari siano presi d’assalto anche da noi come a Cipro?

In buona sostanza, Bersani vuole stupire con effetti speciali i “grillini”, toccando le peggiori corde dell’antipolitica. Può darsi che il disegno riesca. A spese di noi tutti.

Perché Bersani sbaglia a rincorrere Grillo

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