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Nella pubblicistica economica l’argomento del debito pubblico è quello che ha più fortuna. Ogni giorno leggiamo fiumi di parole che ammaniscono sui rischi di dissesto per le contabilità pubbliche dei paesi occidentali, con il nostro debito pubblico che campeggia in bella evidenza come esempio da non seguire. Economisti e giornalisti ci avvisano dei rischi connessi al deficit, ci riempiono di chiacchiere sugli sbilanci fra debito e Pil, ci raccontano l’altalena dello spread.

All’ombra di questo dibattito, intanto, cresce senza sosta un’altra componente del debito, quella privata, che i più accorti sanno bene essere la vera mina vagante del sistema finanziario internazionale (insieme al debito estero, ma questa è un’altra storia), visto che l’aumento dell’indebitamento privato, sia esso relativo alle istituzioni finanziarie sia quello delle famiglie, componente quest’ultima assai più destabilizzante, può facilmente condurre a una crisi sistemica. Una banca si può sempre nazionalizzare (aumentando il debito pubblico). Una famiglia no. E quando la gran parte delle famiglie di un paese è sovraindebitata, i rischi per l’equilibrio generale si fanno assai più pronunciati.

Per questa ragione ci siamo letti un illiminante paper della Banca d’Italia (Household over-indebtedness: definition and measurement with Italian data) che analizza lo stato di salute del debito delle famiglie italiane, che purtroppo ha il limite di essere scritto con dati aggiornati al 2010, quindi non tiene conto del peggioramento generale registrato negli ultimi due anni.

E tuttavia ce n’è abbastanza per drizzare le antenne. Il punto più rilevante è che fra il 2006 e il 2010, in Italia, tutti gli indicatori che misurano il sovra-indebitamento sono cresciuti. Rispetto al passato il dato è molto rilevante. L’Italia, infatti, è un paese con un livello di indebitamento mediamente assai più contenuto rispetto ad altri paesi europei. Ma è vero altresì che nell’arco di un ventennio la quota di debito sul reddito lordo è passata da una media di poco più del 20% a oltre il 70.

Un altro dato rilevante è che, sempre fra il 2006 e il 2010, si è ridotta la quota di debito derivante da investimenti, tipicamente quello di un mutuo, mentre è aumentata la quota di debito per consumo (o credito al consumo che dir si voglia).

L’accelerazione della crisi, poi, ha fatto peggiorare tutti gli indicatori classici, come il debt-to-income ratio, ossia il rapporto fra debito e reddito, o il repayment-to-income, ossia la capacità di ripagare il debito. L’analisi della Banca d’Italia, tuttavia, è andata in profondità creando una serie di indici empirici basati anche su interviste al campione interessato.

Ma il risultato cambia poco: l’indebitamento delle famiglie italiane è cresciuto negli anni, e di conseguenza, è aumentata la percentuale delle famiglie che si possono considerare, alla luce di una serie di indicatori, sovraindebitate.

Uno studio del 2007  fatto su scala europea (quindi prima della crisi) valutava tale numero, per le famiglie italiane, intorno al 10%.

Le nuove risultanze della Banca d’Italia stimano che tale numero sia più basso: fra il 3 e l’8% a seconda dell’indicatore considerato. Ma tali percentuali contengono alcune informazioni rilevanti.

Per il 70% delle famiglie sovra-indebitate con una fascia di reddito bassa, ad esempio, l’ammontare complessivo del debito non supera i 20.000 euro. Può derivarne un problema sociale, notano i tecnici, ma non tale da turbare l’equilibrio sistemico.

Che vuol dire? Ad esempio che c’è un 6,2% di famiglie che, dopo aver pagato i debiti ogni mese, sprofonda sotto la soglia di povertà e un altro 1,15% di famiglie che sono in arretrato di almeno tre mesi sui pagamenti dei propri debiti. Questo non provoca turbamenti al sistema finanziario internazionale (perché comune i debiti vengono pagati), ma al sistema sociale sì.

Se però cambiamo indicatore e prendiamo quello che misura il debt-burden, ossia la relazione fra l’ammontare totale del debito e gli oneri ad esso connessi, viene fuori che il 70% delle famiglie sovraindebitate ha un debito sulle spalle di circa 100.000 euro, questo sì pericoloso per il sistema anche se magari riguarda solo un piccolo campione di famiglie. Ma all’epoca della crisi dei subprime americani, lo ricorderete, bastarono una manciata di default familiari per polverizzare la fiducia.

Al di là degli indicatori statistici, rimane il fatto che il 29,83% del totale delle famiglie riportano di avere “difficoltà o grandi difficoltà” per arrivare alla fine del mese.

Questo nel 2010.

Oggi di sicuro sono di più.

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