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Il libro racconta una storia di emigrazione. Di una famiglia i Paternò, che negli Usa diventeranno Paterno, e in particolare del loro più illustre rappresentante, quel Charles Paterno che divenne uno dei più importanti costruttori (builder) di New York negli anni 20 e 30 del secolo scorso.
Le parole chiave, attorno cui ruota questa storia vera e straordinaria, frutto di quel genio e di quella pervicacia tutta italiana che solo nella fame sappiamo riscoprire, non sono solo emigrazione e cemento. C’è la parabola di una vita vissuta pienamente, l’unica che sa surfare sull’onda lunga della storia.

Michele Fronterré: la storia di Charles Paterno è una storia oggi molto attuale perché oggi, oggi, per molti sarà necessario armarsi del coraggio che fu dei nostri nonni e per i più giovani dei bisnonni e partire per i luoghi dove si fabbrica il futuro. Lei che ne pensa?
Renato Cantore: Penso che la vera e propria epopea che fu l’emigrazione italiana tra otto e novecento ci regala appunto una storia di uomini coraggiosi, che non soltanto fuggivano da condizioni di miseria e arretratezza, ma avevano la capacità di guardare avanti, il desiderio di costruire un futuro di opportunità per sé e le generazioni future. Oggi abbiamo nuovamente bisogno di una generazione di persone coraggiose, pronte a partire non per una fuga disperata, ma perché sentono una forte spinta verso il futuro e hanno voglia di mettersi in gioco.

Michele Fronterré: Ieri il futuro lo si cercava negli Stati Uniti. Oggi dove sorge il sole? Quale potrebbe essere il nuovo mondo?
Renato Cantore: Nel mondo globalizzato non c’è più una “terra promessa” unica e facile da individuare. Certo, ci sono paesi più “aperti”, come il Canada o l’Australia; oppure aree in forte sviluppo, come il Brasile che si appresta a vivere l’avventura delle Olimpiadi e dei mondiali di calcio. Ma in generale io penso che il futuro si costruisce in ogni parte del mondo dove ci sia una classe dirigente consapevole, che investe in cultura, istruzione e innovazione, e una società civile fatta di persone che credono in una sana competizione basata sul merito e non hanno paura di sognare. Da questo punto di vista credo che ci siano “sacche” di futuro, nonostante tutto, anche nella vecchia Europa e perfino nella tanto vituperata Italia.

Michele Fronterré: La stampa italiana e i media più in generale negli ultimi anni hanno sempre parlato della fuga dei cervelli. E ne hanno parlato in senso deteriore come di una sconfitta del sistema paese incapace di fornire opportunità a tanti giovani brillanti. Non è un pensiero limitato? In altre parole non è un valore il coraggio di affrontare il periglio dell’avventura del viaggio, della scoperta di nuovi luoghi? Non è sempre fatta di queste storie la Storia?
Renato Cantore: Ho sempre pensato che l’idea di un paese autarchico, la cui unica ambizione è quella di trattenere in casa i suoi “cervelli” sia non solo una colossale sciocchezza, ma anche il disconoscimento di uno dei tratti fondamentali della storia dell’umanità. Il nostro problema, specie nell’Italia del sud, non è che i giovani più brillanti vadano via in cerca di nuove opportunità, ma che qui non arrivino giovani brillanti da altre parti del mondo. Insomma, un paese che non è attrattivo, ed è incapace di valorizzare le intelligenze, siano o no indigene, in un mondo che sarà sempre più caratterizzato dalle migrazioni, rischia di giocarsi il futuro. Altro che fuga di cervelli!

Michele Fronterré: Cosa abbiamo smarrito dei nostri progenitori? Siamo diversi o è solo un problema di fame. Non ne abbiamo ancora abbastanza?
Renato Cantore: Forse un certo welfare all’italiana, fatto di assistenzialismo e di ossequio acritico a tutti i poteri, ci ha fatto perdere quella spinta che è necessaria alle grandi avventure. Ma vedo che le nuove generazioni stanno rapidamente recuperando questa consapevolezza.

Michele Fronterré: Di questa storia ci sono tantissimi elementi da raccogliere. Una serie di regole d’oro. L’abilità di Charles Paterno di saper trovare i consulenti giusti e di non voler fare tutto da solo. C’è un’idea buona della finanza, fuori da una vulgata che oggi in tempo di crisi la demonizza con radicale fervore populista. Cosa le ha insegnato questa storia?
Renato Cantore: Charles Paterno diceva spesso che un uomo vero deve saper prendere le circostanze avverse della vita con la stessa grinta e lo stesso ottimismo che sfoggia in quelle favorevoli. Ecco, la capacità di sognare, di guardare avanti, di gettare il cuore oltre l’ostacolo è l’ingrediente fondamentale di ogni storia di successo. E non bisogna avere paura di inseguire i sogni e avere successo.

Michele Fronterré: Infine le radici. Questa storia ha dei ritorni. Evoca l’immagine del lievito madre che dà il gusto, il temperamento ai vini così come ai formaggi piuttosto che al pane. Questa storia rimanda a quel travaso genetico ed esperienziale da una generazione all’altra che cinquant’anni di terziario impiegatizio ha smarrito. Lei che pensa?
Renato Cantore: Penso che il mondo globalizzato abbia oggi l’opportunità di vivere pienamente di quella contaminazione di culture, lingue, saperi e sapori che caratterizzerà sempre di più l’umanità del terzo millennio. Il cittadino del mondo globalizzato sarà sempre di più un cittadino del mondo senza smarrire, anzi rafforzando, le caratterstiche fondamentali delle sue radici.
Pensare globale mantenendo la propria identità, e saper distinguere e valorizzare le nuove opportunità che si apriranno per noi e le generazioni future con la stessa capacità visionaria di uomini come Charles Paterno: ecco la vera sfida del futuro.

Intervista a Renato Cantore, autore di “Il Castello sull’Hudson” la storia di Charles Paterno

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