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Articolo tratto da Aspenia Online

Non è stato un Obama timido quello del discorso sullo Stato dell’Unione. Quando è venuto il momento di parlare di armi da fuoco, ad esempio, il presidente americano ha tirato fuori gli istrumenti migliori del campaigner, aspettando la fine delle sei mille parole pronunciate in tutto perché proprio le ultime rimanessero più impresse.

Ha raccontato così, sotto gli occhi dei genitori presenti in aula, la storia di Hadyia Pendelton, ragazza che ha sfilato come majorette alla sua seconda inaugurazione del 21 gennaio e qualche giorno dopo è stata uccisa da una pallottola vagante a Chicago. “Loro, la gente di Newtown, Aurora, Oak Creek, Tucson, Blacksburg (tutti luoghi di stragi recenti di civili) hanno diritto a un voto”, ha dichiarato Obama. “Se volete votare no, siete liberi, ma queste proposte [per limitare il numero delle vittime delle sparatorie] meritano di ricevere un voto”.

Sulla questione del gun control il presidente ha dunque chiesto al Congresso di sottoporgli una legge, senza elencare cosa debba contenere. Tutto sommato, già c’è consenso tra i favorevoli sulla necessità di controlli più stretti. Si tratta di migliorare la qualità dei registri contenenti i nomi di chi ha il porto d’arma, aumentare le verifiche su di loro e bandire alcuni tipi di armi e di munizioni (forse il punto più controverso), impedendo inoltre il commercio di pistole e fucili senza permessi alle fiere o per corrispondenza. Ma per Obama, a questo punto la priorità assoluta non sono i dettagli ma è arrivare a un voto. Una volta giunti a un voto, confida, una legge passerà.

Proprio l’assenza di retorica da parte del presidente rende l’agenda di politica interna da lui enucleata durante il discorso sullo Stato dell’Unione particolarmente – forse troppo – ambiziosa. Anche oltre l’economia, le proposte avanzate sono tante, diverse e difficili da far arrivare in porto.
Per cominciare Obama ha dato grande peso al riscaldamento globale. Ricordando l’Uragano Sandy dell’ottobre 2012, i devastanti incendi del Colorado e la siccità che ha distrutto i raccolti nel Midwest, il presidente ha insistito sulla necessità di agire, non solo per ragioni economiche, per superare Europa e Cina, ma anche per “il futuro dei nostri figli”. Se il Congresso non agirà lo farò io a colpi di executive orders, ha minacciato. E su nessun altro tema ha usato un tono così di sfida.
Il presidente ha poi pagato un tributo alla più importante, numericamente, delle constituency democratiche, le donne. Chiedendo alla Camera di approvare il Violence Against Women Act, una proposta di legge sulla violenza domestica che ha già passato l’esame del Senato, e un’altra legge che parifichi le paghe di uomini e donne.

E a proposito di eguali diritti, Obama ha anche proposto la creazione di una commissione, guidata dagli avvocati della propria campagna elettorale e di quella di Mitt Romney, che studi nuove strategie per migliorare il sistema di voto. E non c’è dubbio che ce ne sia bisogno. Per dirne una, in media gli elettori della Florida – lo swing state per eccellenza, la madre di tutti i trucchi elettorali – aspettano in fila ai seggi 22 volte il tempo di quelli del Vermont. Un tema quanto mai interessante perché normalmente se ne parla esclusivamente a ridosso del voto e solo se questo è incerto. Una riforma in materia sarebbe auspicabile quanto difficile da prevedere.

Oltre alle armi l’altra grande questione in gioco quest’anno è la riforma dell’immigrazione. Obama ha ricordato come tutti, dalle imprese ai sindacati, passando per le chiese, spingano da anni perché una riforma ci sia. La pessima performance dei Rrepubblicani tra l’elettorato latino e asiatico rende quasi impossibile al Grand Old Party fare ostruzionismo. Del resto qualche anno fa era il presidente George W. Bush a spingere per una legge bipartisan. All’epoca il tentativo in Senato di Ted Kennedy e John McCain fallì. Stavolta la pressione è tale che è probabile che si arrivi a un voto. Obama ha avanzato una proposta moderata: si definisca un percorso verso la regolarizzazione di chi non ha il permesso di soggiorno, si chieda a chi ne vuole godere di imparare l’inglese e di pagare una multa e si delinei poi anche una strada chiara verso la cittadinanza. I sondaggi indicano che la maggioranza degli americani è favorevole a una legge così fatta – così come su quella in materia di controllo delle armi.

Proprio armi e immigrazione, perché già al centro del dibattito politico, sembrano essere gli obiettivi più a portata di mano. Resta da vedere nelle prossime settimane se la parte moderata del GOP deciderà di votare con i Democratici. Se così fosse, Obama accumulerebbe un tale capitale politico da poter tentare di far avanzare anche altri elementi dell’agenda proposta con lo Stato dell’Unione. Il presidente punta quindi tutto sulla debolezza degli avversari per riuscire a portare a casa qualche successo legislativo prima del delicato voto di midterm del 2014.

Martino Mazzonis è giornalista freelance

Le ambizioni (in politica interna) di Obama

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