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Con due giorni d’anticipo rispetto all’Assemblea nazionale del popolo, si è aperta domenica a Pechino l’altra sessione “parlamentare” cinese, quella si può definire della società civile: la Conferenza politico consultiva. Il conclave ha scelto il proprio comitato incaricato di presiedere la prima sessione di questo nuovo corso.

Al vertice, scrive il South China Morning Post, sono stati eletti molti figli e alleati di veterani del Partito e di politici di primo piano. Tra i 323 componenti del presidium, per usare un termine mutuato dalla tradizione sovietica, compaiono i nomi del tenente Nian Fuchun. già assistente per gli affari militari per il piccolo timoniere Deng Xiaoping, o Chen Jiping, vicepresidente esecutivo della China Law Society, che fu segretario dell’ex presidente dell’Assemblea nazionale del popolo, seconda carica dello Stato, Qiao Shi. O ancora spicca il nome di Che Shiju, in arrivo dall’ufficio del presidente uscente Hu Jintao.

Sfogliando i nomi compaiono anche alcuni dei cosiddetti principini, prole dei veterani del Partito, considerati uno dei gruppi di potere all’interno della politica cinese. Ecco quindi la figlia dell’ex capo di Stato Li Xiannian o Chen Yuan, figlio di uno degli esponenti dell’ala conservatrice negli anni Ottanta, Chen Yun. Molti tra loro, come da consuetudine, potrebbero essere nominati nel comitato permanente della Conferenza che come dice il nome stesso ha un compito consultivo e di indirizzo per le politiche che si presume la Repubblica popolare dovrebbe seguire.

Ma se i nomi citati non dicono molto all’osservatore occidentale, maggior richiamo hanno quelli della star dei film d’azione Jackie Chan, dell’ex campione Nba Yao Ming, del premio Nobel per la Letteratura, Mo Yan. Un modo per attirare l’attenzione sulla politica cinese, ricorda Jonathan DeHeart in un commento su The Diplomat, prendendo in prestito una dichiarazione dell’ex stella degli Houston Rockets.

La stessa nomina di Jackie Chan lo scorso febbraio è stato un tentativo di costruire un ponte tra Pechino e Hong Kong, quando trascorsi quindici anni dal ritorno dell’ex colonia britannica alla Cina il legame non sembra ancora saldato. La reazione dei concittadini alla nomina non ha tuttavia avuto i risultati sperati.

La scelta dell’attore esperto in arti marziali è stata accolta con ironia dai commenti dei cittadini dell’ex colonia, dove negli ultimi anni è cresciuto il malcontento verso la Cina continentale soprattutto per quelle che sono considerate interferenze politiche e per l’arrivo di un sempre maggior numero di cinesi, accusati di sfruttare i servizi della città e di far lievitare il costo della vita. Né aiutano alcune prese di posizione di Chan riguardo la necessità di limitare il diritto di protesta o come nel 2009, dell’utilità di forme di controllo per i cinesi.

“Forse rappresenta alcuni settori della popolazione, ma preoccupa un altra buona parte”, ha detto la parlamentare filo-democratica, Emily Lau a The Diplomat, “Se Pechino ha deciso di nominarlo, mostra la volontà di sentirsi dire soltanto ciò che si vuole”.

Benvenuti nell'altra Camera cinese. Quella della società civile e dei Vip

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