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È vero, lo scorso 13 gennaio gli Stati Uniti hanno inviato un aiuto logistico alla Francia per l’intervento militare in Mali. Il ministro francese per gli Affari esteri, Laurent Fabius, ha detto che il suo Paese è presente nella zona di fuoco, in prima linea, e sta ricevendo sostegno da altri Paesi: “Abbiamo l’appoggio pratico della Gran Bretagna, dei nostri amici danesi, di altri Paesi che ci facilitano trasporto. Gli Stati Uniti ci stanno aiutando in materia di trasporto e telecomunicazioni”. La proposta era convincere la Francia di aumentare gli attacchi aerei senza pilota e non essere coinvolti in una guerra contro il più povero e desolato Paese musulmano.

L’aumento della presenza di Al Qaida in Mali ha spinto il governo di Barack Obama a pronunciarsi: non possono accettarsi altri santuari terroristici nel mondo, ha detto il presidente. Ma la promessa di aiuto agli sforzi francesi e africani per stabilire la sicurezza nella regione aveva i suoi limiti. Qualche giorno fa, un comunicato della Casa Bianca aveva anticipato che si stavano analizzando i termini di un futuro accordo con le forze armate di Francia. Quindi, gli Usa apportano il loro granello, come possono, ma sono ferrei nei limiti: nessun soldato americano andrà a combattere sul campo. Forse fino ad oggi.

Dopo l’attacco di ieri mattina alla frontiera libica le carte sul tavolo molto probabilmente cambieranno, come accennano i principali quotidiani americani e anticipava ieri su Twitter il giornalista del Corriere della sera, Guido Olimpio. Il conflitto in Mali ha toccato direttamente la sensibilità degli Stati Uniti: sette americani (insieme ad altre 34 persone di diverse nazionalità) sono stati rapiti in un campo petrolifero algerino della Sonatrach, dove lavora la britannica Bp e la norvegese Statoil, nella zona di In Amenas, a un centinaio di chilometri dalla frontiera libica. Nell’attacco sono morti un britannico e un algerino.

Nell’ultimo anno, l’amministrazione americana non ha voluto prendere parte al conflitto nel Sahel, nonostante la zona attragga aspiranti jihadisti e possa diventare un altro centro di fermentazione terroristica. Ma ora sono i nuovi terroristi del Mali a spingerli ad entrare in modo attivo in una battaglia che si infittisce sempre di più.

Ora la guerra in Mali trascina anche gli Usa

È vero, lo scorso 13 gennaio gli Stati Uniti hanno inviato un aiuto logistico alla Francia per l’intervento militare in Mali. Il ministro francese per gli Affari esteri, Laurent Fabius, ha detto che il suo Paese è presente nella zona di fuoco, in prima linea, e sta ricevendo sostegno da altri Paesi: “Abbiamo l’appoggio pratico della Gran Bretagna, dei nostri…

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