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Contrariamente a quanto sostenevano ieri alcuni titoli della stampa online in Italia, la Commissione europea non ha affatto “bocciato” l’Imu, l’imposta sulle proprietà immobiliari introdotta nel 2012, come ha precisato ieri sera il portavoce del commissario Ue agli Affari sociali, Laszlo Andor.

Il malinteso sulla cosiddetta bocciatura è nato da una lettura fuori contesto del Rapporto su “Occupazione e sviluppi sociali in Europa”, pubblicato ieri a Bruxelles dalla Commissione, che cita in realtà l’Imu come un tentativo positivo, ancorché migliorabile, di ridurre le diseguaglianze economiche e aumentare l’effetto redistributivo sui redditi, attraverso la presa in conto dei valori reali di mercato per gli immobili, invece dei valori catastali non aggiornati. Il tentativo del governo Monti in questo senso è stato respinto dal Parlamento italiano, ha ricordato il portavoce di Andor, Jonathan Todd, nella sua precisazione. La nuova tassa, comunque, ha rivalutato del 60% i valori catastali degli immobili, portandoli “più vicini ai valori di mercato”, nota il rapporto.

Parlando della situazione generale in Europa, la Commissione rileva che “dal punto di vista sociale, l’attuale struttura delle tasse sulla proprietà non è sempre progressiva, mentre la base fiscale di questa imposizione non è stata al passo con il valore delle proprietà”. La Direzione generale Occupazione dell’Esecutivo Ue, che ha elaborato lo studio, considera importanti e necessarie misure che accrescano l’equità fiscale nei Paesi membri. In questo contesto, l’Imu, soprattutto nella sua prima versione, è visto come un tentativo positivo. Tanto che, in uno specchietto intitolato “Dai valori catastali ai valori di mercato – Il caso italiano”, il rapporto mette in luce proprio l’effetto redistributivo più efficace di un’imposizione basata sul valore reale degli immobili.

Secondo la Commissione, “l’inclusione, nella base impositiva della tassa sul reddito, dell’affitto presunto stimato ai valori di mercato, invece dei valori catastali (che non erano stati aggiornati dal 1990, ndr), ridurrebbe le disuguaglianze di benessere economico (redditi in denaro più introiti derivanti dalle proprietà immobiliari)”.

Il rapporto, insomma, vede l’Imu come un tentativo interessante, ma non pienamente compiuto, sotto il profilo dell’equità fiscale, che sotto alcuni aspetti è stata già presa in conto con l’introduzione della nuova tassa. Ad esempio, “la detrazione di 200 euro per la prima casa, la detrazione aggiuntiva per i figli a carico, una differenza notevole nella tassazione tra residenza principale e secondaria”. Comunque, altri elementi, come “l’aggiornamento dei valori catastali, le detrazioni non legate al livello di tassazione sul reddito dei contribuenti, le definizioni di residenza principale e secondaria”, secondo la Commissione “possono essere ulteriormente migliorati per rafforzare la progressività” dell’Imu.

Sono state smentite dal portavoce Ue, infine, alcune interpretazioni della stampa italiana che avevano frainteso una frase del rapporto in cui si afferma che “le tasse sulla proprietà non hanno impatto sulla (riduzione delle) diseguaglianze in Estonia e Italia, e sembrano avere aumentato leggermente la povertà in Italia”. In realtà, la frase era riferita a due grafici basati su dati del 2006. Il mancato effetto sulla riduzione delle diseguaglianze e il ‘leggero aumento della povertà’ in Italia non hanno nulla a che fare, dunque, con l’Imu, introdotta nel 2012, ma riguardano semmai l’Ici com’era prima dell’introduzione dell’esenzione dell’imposta per le prime case, nel 2008.

Ecco che cosa ha davvero detto e consigliato Bruxelles sull'Imu (Berlusconi sarà deluso...)

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